Costruisce pozzi, scuole e case famiglia grazie agli incassi dei suoi spettacoli
Se dici Sergio Crocco ti vengono in mente subito due cose: la “cosentinità” e l’ironia. Ineguagliabile. E sono proprio queste le qualità che hanno fatto di lui un fenomeno, un concentrato di talento e arte che ogni giorno di più sta accrescendo la sua (meritata) popolarità nella sua terra d’origine e non solo. Il suo profilo facebook conta già qualche migliaio di seguaci.
Ma parlare di lui in questi termini è riduttivo, Sergio Crocco è molto, molto di più. Innanzitutto è un giardiniere, tiene a precisare: «Vivo del mio lavoro. La solidarietà, quella vera, non ha scopo di lucro». Non si reputa uno scrittore, dunque, ma poi scopri che il primo libro risale a 13 anni fa, scrive per intero la sceneggiatura e le storie degli spettacoli teatrali che porta in giro in tutta Italia e alcuni suoi post, pubblicati per caso, diventano virali. Come “Il 5 maggio calabrese”, parodia della più nota poesia manzoniana, dedicata alle faccende politichesi del governatore regionale Mario Oliverio.
I cosentini, loro per primi, lo apprezzano soprattutto perché è l’ideatore e fondatore de “La Terra di Piero”. Di Piero Romeo, con esattezza, lo sfegatato ultras del Cosenza Calcio, venuto a mancare prematuramente nel febbraio del 2011, profondamente e da sempre impegnato nel sociale. Tutto ebbe inizio quasi 30 anni fa, nel 1986, quando i due partirono alla volta dell’Africa Centrale insieme ad altri due noti ribelli: il giornalista Paride Leporace, primo direttore di Calabria Ora, e Padre Fedele, controverso ed emblematico uomo di Dio, amato dalla sua comunità come pochi, sfrontato, rivoluzionario, mai diventato come lo avrebbero voluto, silente e solo, nonostante un processo giudiziario vergognoso che oggi, finalmente, lo ha riconosciuto innocente. Lì guardarono in faccia e conobbero la miseria e la povertà, ma non quelle dell’epoca degli I-Phone di cui ci lamentiamo ogni giorno, ma quelle che ti spezzano la vita per malnutrizione quando non hai ancora imparato a parlare.
Così quando il giovane volontario non c’è più, il suo amico-fratello si rimbocca le maniche e si inventa il “pozzo farcela“, lo slogan dell’associazione che continua imperterrita con la costruzione di asili nidi e di pozzi lì dove la gente, in alcune zone, moriva prima che riuscisse a trovare una pozzanghera sporca nella quale dissetarsi. Ma la Terra di Piero, grazie anche all’aiuto di Marianna Gallo, Eliseno Sposato, Luca Spinelli, Antonio Tocci e molti altri, si occupa di volontariato a 360° anche in quella Cosenza che si cela dietro le Vuitton acquistate a rate e i macchinoni comprati senza neanche un lavoro. La “combriccola” umanitaria nella città bruzia installa ascensori, compra pedane e costruisce parco giochi per i disabili.
E qui entrano ulteriormente in gioco il talento e la genialità di Sergio Crocco. Piccole donazioni a parte, gli introiti vengono ricavati dagli spettacoli teatrali che oramai sono richiesti in ogni angolo del Belpaese. Dopo il successo di “Maniamuni“, è la volta di “Conzativicci“, esilaranti commedie in dialetto cosentino, programmata, quest’ultima, per una sola serata e che invece è giunta già alla 25esima replica.
Sergio, quando è nata la passione per il teatro?
«Scrivo da sempre e ho collaborato con diversi quotidiani locali. Il mio primo libro è uscito nel 2003 e l’anno successivo l’ho portato in scena. Poi mi sono fermato per qualche tempo e ho ripreso nel luglio del 2007, quando ho presentato uno spettacolo per i detenuti di una casa circondariale. Ma la passione vera e propria è scoppiata quando ci è venuta l’idea di costruire una casa famiglia nella Repubblica Centraficana e non sapevamo da quali fondi attingere. Così è nata prima “Maniamuni” e successivamente “Conzativicci”, portato in scena per la prima volta il 21 dicembre 2013. Avevo messo in conto solo una seconda replica, non mi sarei mai aspettato di portare lo spettacolo persino a Roma, Perugia, Bologna e Milano».
Cos’hanno di particolare i tuoi spettacoli?
«Sono interamente interpretati in dialetto cosentino e mostrano la “cosentinità” in tutta la sua interezza, senza filtri. Gli attori, poi, sono tutti non professionisti. Solo in quattro avevano già avuto esperienze teatrali, ma solo a livello amatoriale».
Ci sono anche degli attori disabili.
«Sì, ma li ho scelti per la loro bravura, non per la loro disabilità, anche se mi piacerebbe che la nostra città si sensibilizzasse sull’argomento. L’ufficio invalidi di Cosenza, ad esempio, è al quarto piano in uno stabile senza ascensore. Un paradosso assurdo. Per questo mi è piaciuta l’idea di portare in scena un dio disabile, perché la gente potesse accostarsi a quel mondo col sorriso e conoscerlo».
Quali sono le date dei prossimi spettacoli?
«Il 27 giugno a Castiglione, il 19 luglio ad Altomonte, il 1° agosto a Cirella, il 29 agosto ad Acri e il 26 settembre a Torino. Contemporaneamente stiamo portando in scena un’altra rappresentazione, sempre scritta da me, in giro per la Calabria. Basta andare sul sito e consultare tutti gli aggiornamenti (clicca qui per collegarti al sito La Terra di Piero)».
Che cosa siete riusciti a costruire con gli incassi del tour teatrale?
«Oltre i pozzi, gli asili e la casa famiglia nel Centrafica, abbiamo installato i pannelli solari in alcune scuole e ora stiamo per ultimare quella di cucito per le ragazze madri. Inoltre stiamo allestendo un parco giochi inclusivo nella città di Cosenza dove i bambini disabili potranno giocare al pari dei coetanei normodotati, nello stesso posto, senza creare ulteriori divisioni e il rischio di creare dei ghetti. Contiamo di poterlo inaugurare nel prossimo autunno».
Cosa ti spinge a compiere le missioni fino all’Africa centrale?
«La sensazione di restituire un po’ di quello che rubiamo tutti i giorni a quelle persone. Ad esempio, in alcune zone ci sono distese infinite di cotone. Quella gente potrebbe vivere anche solo di questo, invece è costretta a piegarsi alle regole delle multinazionali francesi, ad essere guardati a vista dai militari. In Madagascar succede la stessa cosa con le miniere di cobalto, con la vaniglia o il petrolio».
Chi è Sergio Crocco?
«Un umile giardiniere di umilissime origini, che rivendico con orgoglio. Da bambino vivevo nel quartiere più difficile della città e la strada mi ha insegnato cos’è l’umanità. Ma devo molto anche agli anni passati nella curva sud di Cosenza, notoriamente antifascista e antirazzista».