(Fonte foto: dal web)
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Quasi tutti gli incendi sono dolosi. L’autocombustione spontanea è praticamente impossibile nei nostri boschi. Perché in un bosco non c’è “calore”, ovvero una temperatura sufficientemente alta capace di innescare una autocombustione. Ovviamente questo al netto di “distrazioni” tipo: mozziconi di sigarette buttati sull’erba secca, fuochi per grigliate mal spenti, piccoli incendi che sfuggono di mano.
Allora la domanda è: perché c’è gente che appicca fuoco ai nostri boschi? Quali sono le cause che portano una persona a fare un gesto così sconsiderato e pericoloso?
Chi generalmente si macchia si questo grave e turpe reato è definito piromane.
Una prima spiegazione sul perché si appiccano gli incendi arriva proprio dalla definizione “piromane”. Il piromane è colui il quale è affetto da piromania. La piromania, e quindi la tipologia del piromane, rientra in una categoria psichiatrica: il disturbo del controllo degli impulsi. “La piromania è un’intensa ossessione verso il fuoco, le fiamme, gli esplosivi in genere e gli effetti a ciò correlati, che spesso si attua con l’accensione intenzionale di incendi. Un piromane in senso clinico non ha generalmente altri sintomi esclusa la fissazione per il fuoco, che è la causa del suo comportamento: il fuoco viene utilizzato solo per indurre euforia. Il piromane generalmente si adopera, nella sua pratica, senza scopo di lucro”. In poche parole:un pazzo che gode a dar fuoco alle cose.
Ma i motivi per cui si appiccano gli incendi sono diversi. Dare fuoco ai boschi è un’antica tecnica, ad esempio, per rigenerare e rendere i campi più fertili o comunque per creare un nuovo pascolo. Oppure si dà fuoco ad un’area boschiva interessata a speculazioni di tipo edilizio. Si dà fuoco a tutto al fine di far diventare il terreno edificabile.
Ma oggi scopriamo che si incendiano i boschi anche per vendetta, come dice il generale dei carabinieri forestali di Napoli per gli incendi sul Vesuvio: “Sono portato ad ipotizzare che i roghi siano stati appiccati in risposta all’attività del parco nazionale contro l’abusivismo edilizio. Nell’ultimo anno c’è stato un piano importante per acquisire al patrimonio gli immobili edificati illegalmente in zona rossa, nella prospettiva di demolirli. Temo che questa sia la risposta”. Una vendetta dunque quella dei cementificatori contro l’ente del Parco Nazionale del Vesuvio.
TRATTO DA IACCHITE’