(Fonte foto: dal web)
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di Forbidden
Puntuali come le lancette di un orologio svizzero; marroni, fresche di giornata e, in alcuni casi, molto ornamentali. Stiamo parlando delle macchie e delle scie che iniziano ad invadere il mare del Tirreno cosentino. Arrivano, come ogni anno; sono come le rondini, ma, a differenza loro, non annunciano la primavera, ma il solito male di stagione. Scatenano le ire degli imprenditori balneari, dei turisti e dei sindaci. Le macchie conservano in loro qualcosa di mistico: appaiono, scompaiono, sembrano senza origine, rivelano segreti.
Un tempo si pensava che fossero generate esclusivamente dai depuratori comunali, ma nel corso degli anni, grazie anche alle tante visite guidate, organizzate dai primi cittadini, all’interno degli impianti, è stato dimostrato che molti depuratori svolgono bene il loro lavoro. Come si possono dimenticare gli inviti lanciati da tanti sindaci a turisti, residenti e giornalisti, a recarsi negli impianti per vedere con i loro occhi come i reflui si ossigenano, risorgono e si tramutano in acque cristalline, pure… da bere e da sorseggiare. Addirittura, in alcune vasche di depurazione sono stati liberati dei pesci, affinché dimostrino che non ci sono contaminazioni alcune. D’altronde, come dice il proverbio: finché c’è vita, c’è speranza.
Pertanto, da dove provengono le macchie mistiche?
Le associazioni ambientaliste, quelle che nel gergo popolare vengono anche definite rompipalle-che-non-hanno-nulla-da-fare, hanno iniziato a parlare di scarichi abusivi. Ossia, tutto quell’insieme di fosse biologiche a perdere, di tubi non allacciati alla rete fognaria, di condotte usurate, di canali di raccolta e di scolo delle acque piovane mai puliti, dal quale i reflui riescono ad evadere, a bypassare i depuratori comunali e a tuffarsi in mare. Inutile aggiungere che la situazione la conoscono tutti. Non è un caso che i problemi inizino con l’arrivo dei turisti, la maggior parte di loro alloggia in abitazioni. Case che d’inverno restano vuote. E allora? I controlli, ci sono? Il nodo è anche questo: scovare ciò che non va per evitare scene tristi, impossibili da insabbiare, come purtroppo vorrebbero molti, impauriti da un ritorno di immagine negativo.
Un altro aspetto che colpisce, leggendo qualche commento in rete, è il seguente: chi pubblica queste cose non vuole bene alla Calabria, forse perché non ne conosce le bellezze.
E qui la domanda sporge spontanea: la Calabria non andrebbe amata dodici mesi all’anno? E, soprattutto, perché denunciare è sinonimo di non amare? E poi, sapete quanto se ne frega del vostro amore-omertoso un turista che viene qui, spende dei soldi soprattutto per godersi il mare, ma si ritrova a sguazzare nelle macchie? Non si potrebbe amare la Calabria anche da settembre a maggio con controlli mirati, con politiche di salvaguardia dell’ambiente, con la tutela del patrimonio esistente, con il potenziamento dei depuratori, con la pubblicizzazione h24 delle bellezze paesaggistiche, affidata a chi sa fare il proprio lavoro e non ad amici che non sanno scrivere neanche una brochure?
Perché i soliti demagoghi, indignati per le pubblicazioni di ciò che non va, che spesso sono frutto di segnalazioni giunte da turisti incazzati neri, non la smettono di offendere l’intelligenza dei calabresi, stufi di apprendere che, anche questa volta, il problema non è stato risolto ma, forse, solo tamponato?
E, soprattutto, cosa diremo ai turisti?
Forse, ad ognuno di loro, potremmo rispondere: Ritenta, sarai più fortunato!