(Don Franco Liporace bacia teneramente la statua della Madonna della Grotta)
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Altissimo, al contrario della sua voce bassa e suadente, sorriso sempre stampato in volto e una generosità imbarazzante, Franco Liporace, classe 1976, professione sacerdote, è il ritratto della dolcezza e della semplicità. Il 28 giugno di 15 anni fa, quando ne aveva appena 25, cominciava il suo e faticoso cammino pastorale che lo vede a soli 40 anni tra i parroci più attivi e amati della costa.
Prete carismatico, di lui i suoi fedeli amano il suo metodo rivoluzionario e silenzioso di richiamare i fedeli a sé. Bambini, giovani e adulti.
Diventa prete per vocazione, quella vera, quella che senti nelle viscere e che non puoi rinnegare, nonostante nel pieno dell’adolescenza, a 15 anni, comincia a fare i conti con i dilemmi che affliggono l’umanità: se Dio misericordioso esiste, dov’era quando si è portato via l’adorata madre che di anni ne aveva vissuti appena 35?
Le risposte deve averle cercate e trovate dentro di sé o nei tomi di teologia che ha preso a morsi per diventare quello che già sognava da bambino. Fatto sta che da giovanotto desideroso di servire all’altare del Signore, diventa guida spirituale al servizio di mezza costa tirrenica.
Così umile, alla mano, don Franco è lontano anni luce dalle figure impercettibili e austere di tanti colleghi in abito talare, tanto da non sembrare neppure il severo pastore che diventa durante le funzioni religiose. Gioioso, solare, da quando quasi oltre 5 anni fa è stato trasferito nella parrocchia Santa Maria della Grotta a Praia a Mare, di lui si ricordano solo le opere di bene, l’attaccamento ai suoi parrocchiani e qualche inutile tentativo di destabilizzazione. Come accade a tutti quelli che non si conformano alle regole subdole della società. Di lui si ricorda la “magia” delle messe di Natale tenute nel suggestivo Santuario della Madonna della Grotta, di cui è stato rettore per anni.
Nel giorno del suo 15° anno di sacerdozio e per capire di che pasta è fatto quest’uomo, la redazione La Lince omaggia don Franco Liporace ripubblicando un articolo riveduto del febbraio scorso apparso sul quotidiano regionale Cronache delle Calabrie, a firma della direttrice Francesca Lagatta.
“Il 6 luglio del 2014, l’Italia si scandalizzò innanzi alle immagini del famigerato “inchino” della statua della Vergine a Oppido Mamertina, nel Reggino. Una sosta di qualche secondo sotto la casa del’anziano boss Peppe Mazzagatti, ergastolano ai domiciliari per problemi di salute, che i fedeli avevano effettuato, disse in seguito la magistratura, per omaggiarlo. La vicenda creò talmente scalpore che, facendo il giro del mondo, toccò anche le coscienze dell’America a stelle e strisce.
Per mesi non si parlò d’altro, quasi come se nessuno sapesse niente, prima d’allora, della consueta pratica che da sempre suggella il forte legame in Calabria tra la malavita e la religiosità.
Fortunatamente, la cronaca nei mesi successivi raccontò il vero volto di certe sfilate cerimoniose, che di inchini in onore dei pezzi da 90 della criminalità ne hanno visti a bizzeffe. Anche laddove la vita sembra scorrere tranquilla, lontana da certe logiche del malaffare.
E’ il caso di un piccolo centro del Tirreno […omissis…], dove non ci sono boss, ma ancora qualche testa calda da venerare. Lì, per qualche tempo, la cura delle anime fu affidata a un giovane don Franco Liporace, da poco ordinato sacerdote.
Un pomeriggio qualunque, durante i festeggiamenti religiosi, la folla si ferma. Alcune persone si siedono sull’asfalto e deviano, seppur di poco, il consueto percorso. Nella confusione quasi nessuno fa caso alla questione, ma don Franco, che aveva imparato a conoscere quel posto, si oppone con tutte le forze.
Dopo un breve diverbio avuto con le “transenne umane” che volevano imporre la loro volontà, il giovane parroco ordina di scavalcarli e continuare per la strada precedentemente stabilita. Alla fine vince lui, i fedeli cedono al suo richiamo e l’uomo a cui si sarebbe dovuta inchinare la statua della Madonna e l’intera processione rimane a bocca asciutta. La vicenda, che avrebbe meritato le prime pagine, cade nel dimenticatoio per anni per volere e per la riservatezza del sacerdote.
Ma oggi diversi testimoni di quell’episodio riaprono i cassetti dei ricordi e raccontano l’inedita vicenda per sottolineare che Liporace, oggi alla guida della chiesa Sacro Cuore di Praia a Mare, è uno di quei tanti preti con la schiena dritta. Quasi a motivare l’affetto che lo circonda”.
Da tutta la redazione de La Lince: tanti cari auguri Grande Uomo.