Quasi ogni giorno l’ASP di Cosenza e la sanità della nostra provincia oltre che quella regionale fanno notizia su quotidiani, rotocalchi, servizi giornalistici, testate nazionali e locali con l’unico filo conduttore rappresentato dalla cattiva gestione delle stesse.
Periodicamente si legge di accessi della Guardia di Finanza, dell’apertura di indagini, di avvisi di garanzia, di rinvii a giudizio e di scoop di vario genere mai caratterizzati da positività delle notizie, il tutto condito dai casi di malasanità e disservizi, ormai all’ordine del giorno, che attribuiscono un valore aggiunto negativo ad una situazione già normalmente deficitaria.
In questo scenario il cui sfondo, soprattutto nell’ultimo anno, è stato quello dell’apparente e spesso pretestuoso scarica barile tra direttore generale, commissario alla sanità e governatore regionale, in un rimpiattino continuo e ridicolo, a farne le spese sono sempre i soliti cittadini che in 60.000 all’anno curano la propria salute fuori regione; è una decisione inevitabile quella di avere come punto di riferimento strutture ospedaliere che, nelle regioni confinanti o in quelle più distanti, offrono professionalità ed efficienza con una risposta superiore alle proprie esigenze sanitarie a dispetto delle strutture morte, in coma o gravemente ammalate della nostra provincia.
Numerosi, infatti, i servizi giornalistici sulle inumane condizioni del pronto soccorso o su alcuni reparti dell’ospedale civile di Cosenza, punto di riferimento di tutta la provincia, oppure sulla grottesca e vergognosa vicenda della riapertura dell’ospedale di Praia a Mare o sulla campanilistica, continua e sterile competizione tra l’ospedale di Paola e quello di Cetraro in un balletto di interessi che nulla hanno a che vedere con quelli del territorio, della salute pubblica e della salvaguardia dei cittadini; equilibri di potere in ambito politico e interessi differenti da quelli della tutela della salute della popolazione regolano decisioni e scelte che spesso nulla hanno a che fare con professionalità e tecnicismi e che cozzano con il buon funzionamento della sanità pubblica delle nostre parti.
Non da ultimo abbiamo letto articoli dai titoli ridicoli che fotografavano una situazione reale ma paradossale nella gestione della nostra sanità provinciale e regionale; un commissario alla sanità regionale ingegnere, un governatore privo di poteri ma che in fondo decide concretamente le sorti della gestione attraverso un direttore generale il quale, paradossalmente, ha fatto causa all’ASP che egli stesso rappresenta per essere dichiarato depresso cronico a causa di motivi di servizio; si legge di incarichi e nomine da lui conferite e il cui affidamento appare anomalo e viene contestato da parlamentari che si oppongono ai nomi di nuovi primari in un ospedale, come quello di Praia a Mare, pressocché fantasma o comunque ancora in uno stato di coma profondo rispetto alla sentenza che, direttamente o indirettamente ne decreta la riapertura; un ospedale che un organo dello stato, il Consiglio di Stato appunto, ha stabilito essere stato chiuso impropriamente e che resta, a tutti gli effetti, chiuso per motivazioni apparentemente sconosciute nonostante i soliti politici, a caccia di voti, si sono profusi in promesse e giuramenti in ginocchio quasi come cavalieri medievali ma, chiaramente, solo in periodo pre elettorale.
Inutile, poi, parlare del settore soccorso ed emergenza 118 gestito da un direttore lì per incarico e non per concorso come, invece, dovrebbe essere ma che resta alla guida della centrale operativa a vita; un servizio quello del 118 costantemente in affanno tanto da utilizzare l’elisoccorso, riservato ad interventi di vitale importanza, anche per interventi di secondaria importanza con le giuste e conseguenti negative osservazioni da parte dell’equipaggio di bordo; eppure in tanti anni l’organizzazione del 118 pur potendo essere potenziata facilmente e a costo zero, migliorando la copertura del territorio, è rimasta pressoché identica, con l’affidamento di servizi a supporto sempre agli stessi soggetti e attingendo a soggetti, precedentemente esclusi, solo dopo il venir meno di associazioni che per anni hanno prestato servizio e la cui mancanza ha aperto ulteriori lacune organizzative; i servizi sono rimborsati in modo inadeguato rispetto a quanto avviene in altre regioni ma ancor più rispetto a quello che dovrebbe essere il servizio di 118 prestato ma all’ASP non interessa l’obiettiva congruità del rimborso rispetto alla qualità del servizio e, ancora una volta, si pensa a risparmiare su servizi essenziali trascurando proposte di risparmio, di potenziamento e miglioramento del servizio come se non interessasse a nessuno se le ambulanze arrivano in poco tempo oppure impiegano molto più di quanto previsto dalla legge a tutto discapito dell’incolumità del paziente da soccorrere; così mentre in altre regioni nonostante tutto il servizio 118 è cresciuto, pur necessitando di ulteriore potenziamento, da noi tutto è fermo ad oltre 10 anni fa in un immobilismo che è voluto e non involontario.
Questa è la storia, spesso ignorata dai più i quali lamentano il disservizio solo nel momento in cui ne diventano i diretti fruitori, di una ASP che fa acqua da tutti i lati; dalle barriere architettoniche, come presso il poliambulatorio ASP di Diamante, la cui esistenza viene assurdamente occultata e giustificata dai responsabili come se si giocasse a nascondino contro leggi e norme dello Stato ben precise, a strutture di proprietà ASP abbandonate in campagne lungo il versante del Tirreno cosentino.
Ci sono alla fine i servizi che riguardano l’accompagnamento di pazienti sottoposti a dialisi, la cui gestione ha visto la rinuncia da parte di alcune associazioni del Tirreno affidatarie del servizio che l’ASP non è in grado di garantire e che alla stessa azienda costerebbe almeno dieci volte il costo attuale; servizi sottopagati con rimborsi che a mala pena coprono le spese principali di quelle associazioni che ancora attendono le spettanze di mesi e mesi precedenti; cosa strana se l’ufficio che gestisce il servizio ha provveduto, essendoci la relativa copertura finanziaria, ad emettere già da mesi i provvedimenti di liquidazione per il servizio garantito ma che l’ufficio servizi finanziari non provvede a pagare prontamente con i relativi mandati; perché? Non è dato saperlo, infatti anche questo è uno dei tanti misteri dell’ASP di Cosenza e dei suoi meccanismi che ne regolano la vita amministrativa con i risultati che tutti noi cittadini conosciamo avendo vissuto sulla nostra pelle, direttamente o indirettamente, quello che significa devianze, disservizio, malasanità, mancanza di punti di riferimento sanitari, mancanza di conterranee professionalità che, al contrario, ritroviamo nelle maggiori strutture ospedaliere nazionali.
Quei 60.000 pazienti che scappano dalla Calabria per curarsi altrove costano alla nostra regione decine di milioni di euro ma il governatore Oliverio non ha mai messo bocca in modo ufficiale sulle decisioni politiche che hanno visto la spartizione forsennata della nostra sanità provinciale; un governatore che non è riuscito a sostituire un direttore generale come Raffaele Mauro, visti i risultati della sua gestione, ha avuto l’ardire di proporsi come sostituto del commissario Scura quando l’on. Parentela ha paventato l’ipotesi di una sua sostituzione; che la sanità sia uno dei pochi bacini, ormai rimasti, cui attingere voti nelle varie tornate elettorali e da rendere centro di potere e interessi economici ormai lo sappiamo tutti ma la cosa vergognosa è l’assoluto disinteresse per il buon andamento di quel residuo di servizio sanitario ancora esistente a prescindere da proclami, promesse, affermazioni e comparse televisive che risultano essere vuote a fronte di un immobilismo persistente e cronico.
Avv. Domenico Oliva