Come avevamo rivelato in esclusiva due giorni fa, ai problemi preesistenti della struttura si è aggiunto quello del medico assenteista, che si presenta a lavoro quando gli pare e quando decide di non presentarsi non avvisa nessuno, tanto meno si rende raggiungibile al cellulare. Il fatto viene segnalato, una, due, tre, quattro, volte, ma la situazione non cambia. Al che un collega sbotta e chiama i carabinieri. Eravamo rimasti qui.
Ieri succede che intorno all’ora di pranzo il medico che si era sobbarcato tutto il lavoro della mattina, della notte e del giorno prima, scrive l’ennesima lettera ai suoi superiori avente ad oggetto la dicitura “Grave carenza di personale medico al Ps, con conseguente mancato smonto dal turno di lavoro“.
«Il sottoscritto – si legge nel documento di cui vi riveliamo il contenuto ancora in esclusiva – comunica che sta lavorando al pronto soccorso da 29 (ventinove) ore continuate senza ricevere il cambio, malgrado le telefonate fatte ai carabinieri di Scalea ieri e ai carabinieri di Praia a Mare questa mattina». E continua: «Ribadisco che sto lavorando, mentre scrivo, da 29 ore, continuo contro la mia volontà, onde per cui, avendo superato le ore previste dai vigenti regolamenti, non sono responsabile di questa mia presenza al Ps». Da alcune indiscrezioni sembrerebbe che le ore di lavoro si sarebbero poi protratte fino a 36.
Il medico spiega anche i motivi del caos che nessuno sa come risolvere: «Per la mancata programmazione dei mesi scorsi siamo arrivati ad una situazione esplosiva in piena estate per mancanza di personale medico in un lavoro di estrema serietà e responsabilità qual è il Ps». Tutte questioni che la nostra redazione aveva largamente anticipato e che puntualmente sono state (inutilmente) smentite, anche con offese e insulti alla nostra professionalità, da chi continua a predicare di grandi risultati e di promesse politiche mantenute. Ma soprattutto di un ospedale che nella realtà non esiste.
Ma l’arroganza, presto o tardi, dà sempre i suoi frutti. Per l’ospedale di Praia a Mare, strumento elettorale e clientelare di una precisa classe dirigente politica e sanitaria, i frutti di tale e tanta superbia si raccolgono ogni giorno. Fingere la riapertura di un ospedale, come nel caso dell’ “inaugurazione” del novembre scorso, o aprire a forza un reparto, come nel caso della Medicina qualche giorno fa, anche quando non ci sono requisiti e personale a sufficienza, è un atto a cui in un Paese civile gli organi deputati al controllo avrebbero provveduto, in un modo o nell’altro, a porre rimedio.
L’ospedale di Praia, invece, grazie alla completa assenza di regole e all’indifferenza di coloro che dovrebbero farle applicare, è diventata la clinica privata di persone che fanno di quella struttura ciò che vogliono e che hanno trasformato un eccellente nosocomio in un caotico presidio in cui i medici vengono trattati come muli, sfruttati fino all’osso, privati dei diritti diritto, solo ed unicamente per mettere in piedi una mal riuscita sceneggiata che entra di diritto nelle pagine più buie della storia della sanità e della politica calabrese.