Pasquale Matarazzo oggi poco prima del suo ricovero presso la casa di cura San Francesco a San Nicola Arcella
La vicenda di Pasquale Matarazzo, 78 anni, diamantese, l’ha raccontata sul nostro portale la graffiante penna di Francesco Cirillo, che ha definito il caso “pazzesco”. E non si sbagliava.
Pasquale sta scontando una pena per tentato omicidio, ha tentato tre volte il suicidio, di cui l’ultima tagliandosi la gola con una motosega, lotta contro un tumore e una grave forma di depressione. Pasquale è un uomo solo, che sta pagando sulla sua pelle gli sbagli di una vita forse sregolata, ma che con lui sicuramente è stata poco generosa. Dopo la morte dell’adorata moglie con cui ha convissuto per 50 anni e che l’ha gettato nello sconforto, si invaghisce di un’altra donna, ma questa gli sottrae dei beni e Pasquale perde la testa. Imbraccia un’arma e parte un colpo. Per fortuna, il proiettile sfiora soltanto la ragazza moldava ma ormai la cazzata è fatta: Pasquale verrà processato e giustamente condannato ad espiare le sue colpe con un’adeguata condanna.
Ma la pena più pesante da infliggere a un uomo come lui, il quale nel frattempo ha perso la stima e l’affetto dei suoi famigliari, non è il carcere ma la detenzione domiciliare che lo costringe a un’inquietante solitudine. Il 29 marzo scorso Pasquale smette di essere un uomo e persino un cittadino della Stato italiano. Residente della città di Diamante, che recentemente ha eletto persino il suo senatore, Pasquale sprofonda nell’indifferenza più assoluta, trattato come un peso dalla società e dalle istituzioni che, mentre le sue condizioni si aggravano, si dilettano al solito gioco dello scaricabarile. E latitano.
Succede che Pasquale subisce una caduta accidentale e una conseguente frattura al bacino, più una lacerazione alla fronte, ma riesce a chiamare un’ambulanza; il giro di giostra però finisce subito. Gli ospedali da queste parti sono un lusso che non tutti si possono permettere e qualche ora dopo il 78enne viene rispedito a casa, dove si ritrova solo, ammalato e immobilizzato. In pratica, murato vivo nella sua abitazione. In teoria sarebbe stato affidato ai servizi sociali ma quando vivi in una terra come la Riviera dei Cedri, anche quello è un privilegio. O conosci la persona giusta, o rimani un Pasquale qualunque.
Il tramite tra lui e la sopravvivenza in quelle ore è il suo avvocato, l’avvocato Liserre, che smessi i panni del legale è costretto a fungere da badante e da infermiere, fino a che le competenze glielo hanno consentito. In quei frangenti l’avvocato invia lettere agli organi preposti, invoca l’assistenza per il suo assistito e cerca di richiamare le istituzioni alle proprie responsabilità. Ma quando abiti nel territorio dell’alto Tirreno cosentino o ti raccomanda qualcuno o ti arrangi.
Nel trambusto, però, entra a gamba tesa nella vicenda il giornalista diamantese Francesco Cirillo, uno che della lotta e della tutela dei diritti umani ne ha fatto ragione di vita. E non si sottrae nemmeno stavolta. La sua penna firma il primo, il secondo articolo di fuoco sulla nostra testata. Gli animi si scuotono, la gente si indigna e comincia a tracciarsi un’implacabile solidarietà umana fatta di appelli e condivisioni. Nel giro di poche ore i lettori sono migliaia. Anche stavolta le istituzioni sono messe spalle al muro.
Tra tutti quei lettori ce n’è uno in particolare che per sei mesi all’anno lavora come medico in provincia di Cosenza, durante gli altri sei è un medico volontario al servizio dei cittadini africani, e cura gli uomini tra i più sfortunati. Massimo Misiti è stato eletto deputato poco più di un mese fa nella circoscrizione Paola-Castrovillari, ma i 55mila voti che gli hanno consentito di battere sul campo un mostro sacro della politica nostrana come Tonino Gentile, non lo hanno cambiato di una virgola. Letta la storia, si mette in contatto con la nostra redazione e chiede con precisione di cosa abbia bisogno il povero Pasquale, assicurandoci che farà da tramite con i vertiti della sanità cosentina per illustrare il caso e sollecitare gli interventi. Sono le 15:50 del 6 aprile.
Un po’ cinici e dubbiosi, rispondiamo. Sappiamo che all’Asp di Cosenza sono poco inclini al dialogo, ma in fondo al cuore non perdiamo la speranza. Alle 19:24 Misiti inoltra un messaggio alla nostra redazione: «Il paziente sarà visitato e all’esito della valutazione verrà ricoverato o riceverà i necessari trattamenti». Possiamo avvertire il suo avvocato, ci dice, purché non si faccia il suo nome perché «nessuno possa strumentalizzare politicamente la vicenda». Ma noi non siamo troppo d’accordo.
Telefoniamo al giornalista Cirillo per dargli la bella notizia parlando di un ignoto benefattore e ci penserà lui ad avvertire Liserre. Ma siccome i giornalisti sono un po’ come San Tommaso, che non credono se non mettono il naso, decidiamo di avere ulteriori certezze prima di cantare vittoria. Da ciò che riusciamo a sapere nell’immediato, è tutto vero, risulta che il dirigente dell’ASP di Cosenza, il dott. Raffaele Mauro, messosi subito a disposizione, ha già allertato la dirigente dell’Asp di Praia a Mare, la dott.ssa Angela Riccetti, la quale a sua volta ha subito dato mandato alla commissione ispettrice di verificare il caso andando nell’abitazione di Pasquale il lunedì successivo.
Ma il lunedì in questione, che era ieri, il ricovero slitta perché Pasquale finisce nel turbolento vortice della burocrazia e nel contempo salta fuori il solito, vecchio problema di chi vive, tanto per cambiare, sull’alto Tirreno cosentino: ricoverarlo sì, ma dove? Quale struttura avrà mai un posto per quest’uomo abbandonato da Dio e dagli uomini?
Così passa un’altra notte, tra un dolore al cuore e l’altro al bacino, e Pasquale è ancora murato vivo dentro casa sua. Ma Misiti ha promesso che l’aiuterà e così è: nel pomeriggio di oggi un’ambulanza lo porta dritto alla casa di cura San Francesco di Paola a San Nicola Arcella, mentre l’amministrazione comunale di Diamante, fino a un certo punto estranea alla vicenda, si fa carico delle spese per l’alloggiamento ed il trasporto in ambulanza.
E così grazie alla caparbietà di un giornalista come Francesco Cirillo e di un avvocato come Francesco Liserre e alla disponibilità di un medico come Massimo Misiti, Pasquale Matarazzo oggi è tornato ad essere un uomo. E pazienza se per una volta siamo venuti meno alla promessa di non rivelare il nome di qualcuno che ce lo chiede espressamente, perché il piccolo miracolo di Pasquale Matarazzo ha nomi e cognomi ed è giusto che si sappia che la speranza, a questo mondo, non è ancora morta.