di Forbidden
180 famiglie tra Praia a Mare e Tortora ricevono ogni mese un pacco alimentare. Un numero sconvolgente; una notizia che la direttrice de La Lince, Francesca Lagatta, rende ancora più amara con una disamina attenta dei dati. Tra questi percettori di beni di prima necessità ci sono anche i nuovi poveri, ossia, professionisti, partite Iva e lavoratori sottopagati.
Eppure, a questo dato allarmante possiamo aggiungere anche una sfilza di persone che non rientra nelle liste della Caritas. Sono tanti i cittadini che si rivolgono occasionalmente ai parroci o ad altre associazioni di assistenza. Il Banco alimentare gestito da Franca Parise, ne è un esempio, ma basterebbe passare una giornata in una delle tante chiese per rendersi conto della situazione. Senza dimenticare, chi rimane in disparte, disperato ma incapace di chiedere aiuto, perché frenato dalla vergogna o dall’orgoglio.
E anche questa non è una colpa. No, la colpa è solo di una società che non ha più cura della comunità, ma dell’individuo. La colpa è di chi frena la speranza e l’azione. Una crisi è sempre generata da poteri forti che dettano una linea di pensiero; linea di pensiero sulla quale si fonda un gigantesco esperimento sociale. Se l’esperimento fallisce, allora, si salvi chi può.
Anche nel nostro piccolo, tutto questo si è ripetuto.
Esempio: Lini&Lane, Marlane, Pamafi, edilizia, ecc… tutte cose andate in malora, perché pensate male e utilizzate peggio; elementi di un esperimento sociale fallito per scarsa lungimiranza. La linea di pensiero dei poteri forti, infatti, ha sempre contemplato l’imminente, l’arricchimento veloce e lo sfruttamento intensivo, giammai ha pensato all’edificazione di una identità e di una vocazione. I poteri forti hanno sempre agito come se non ci dovesse essere un futuro. Infatti, oggi, il futuro non c’è.
La povertà è una costante della storia umana, ma diventa insopportabile in una società che si definisce democratica, che piange i morti, che celebra i caduti delle guerre, che si batte il petto, che promuove la libertà di pensiero, che vuole sempre il bene comune, che pubblicizza ogni giorno merci, opportunità ed eterna giovinezza. Pertanto, la povertà è la logica conseguenza di una società che ha fatto della politica una religione, che vota per santificare i suoi rappresentanti e che da loro si aspetta la soluzione d’ogni problema. Ma è anche conseguenza di un’imprenditoria malata, che non riesce a concepire che l’accrescimento del Capitale è nella collaborazione, nella serenità e nel giusto salario degli operai. La povertà è però una colpa quando il cittadino si sente suddito, quando la persona chiede grazie per un suo diritto.
La povertà non è una questione di titoli di studio, di grado di istruzione, di natali più o meno buoni. Anche qui, a Praia a Mare e a Tortora, la povertà è la faccia sporca di una società che liquida con superficialità l’essere umano e ha dimenticato il senso di comunità.
Servono lungimiranza e collaborazione, solo così ci sarà un futuro.