STRASBURGO (Francia) – Non si può costringere un giornalista a svelare le proprie fonti, neppure se la fonte stessa decide di fare “outing” con la polizia. Lo ha stabilito la Corte europea per i Diritti dell’Uomo sul caso del 2012 riguardante la giornalista norvegese Cecilie Langum Becker, a cui era stato ordinato di rivelare le sue fonti su un articolo riguardante la Norwegian Oil Company.
La Corte di Strasburgo ha stabilito che il segreto professionale dei giornalisti non decade in seguito al comportamento delle fonti. Pertanto la Corte ha condannato la Norvegia in base all’articolo 10 dellaConvenzione Europea per i Diritti dell’Uomo sulla libertà di espressione.
Sia la Corte Distrettuale di Oslo che la Corte di Appello di Borgarting ritennero che la giornalista aveva il dovere di testimoniare. Nel gennaio 2012, la è stata condannata a pagare l’ammenda di 30.000 corone norvegesi (circa 3.700 euro) per essersi rifiutata di rispondere alle domande sui suoi contatti con la sua fonte. La Corte europea adesso condanna, invece, alla Norvegia di rimborsare alla giornalista la somma relativa all’ammenda inflittale per aver rifiutato di fornire prove sulla sua fonte.
Insieme al proprio affiliato norvegese, Norsk Journalistlag (NJ), la Federazione europea dei giornalisti (Efj) accoglie con favore questa chiara decisione”, sottolinea il segretario generale dell’Efj, Ricardo Gutiérrez, secondo il quale “questo giudizio rafforza la protezione delle fonti giornalistiche che è una delle condizioni fondamentali per la libertà di stampa”.
La Federazione europea dei giornalisti invita, infatti, gli Stati ad adottare una legislazione con l’obiettivo di attuare il diritto dei giornalisti a proteggere le loro fonti, seguendo le norme internazionali.
“Ringraziamo con forza anche il gruppo Ppe al Parlamento europeo – aggiunge Gutiérrez – impegnato a votare la relazione sulle misure legittime per proteggere gli informatori. È una questione di interesse pubblico: l’ampia protezione delle fonti porterà a più rivelazioni di importanti segreti fondamentali per l’opinione pubblica”.
“Abbiamo dimostrato quanto sia importante battersi fino alla Corte dei Diritti Umani”, ha dal canto suo dichiarato l’avvocato per i diritti dei media di Nj, Ina Lindahl Nyrud: “Ci sono voluti molti anni e molte risorse, ma in questo caso la sentenza della Corte suprema era indispensabile perché in caso contrario la protezione delle fonti sarebbe stata compromessa”. (giornalistitalia.it)