Le mazzette giravano sotto il Regime, mentre la propaganda inneggiava all’austerità
Quando c’era Lui, il Duce, non solo i treni arrivavano in orario, ma si poteva lasciare aperta la porta di casa, perché l’ordine e la legalità erano così importanti da valere persino il sacrificio della libertà.
L’immagine di un potere efficiente e incorruttibile, costruita da una poderosa macchina propagandistica, ha alimentato fino a oggi il mito di un fascismo onesto e austero, votato alla pulizia morale contro il marciume delle decrepite istituzioni liberali.
Ma le migliaia di carte custodite nei National Archives di Kew Gardens, a pochi chilometri da Londra, raccontano tutta un’altra storia: quella di un regime minato in profondità dalla corruzione e di gerarchi spregiudicati dediti a traffici di ogni genere. Dalle carte segrete di Mussolini arriva la verità sulla corruzione, la faida interna al partito fascista, le ruberie, i ricatti e gli scandali nell’Italia del Ventennio.
A raccontarla due studiosi Mario José Cereghino e Giovanni Fasanella nel saggio “Tangentopoli nera”, ora in uscita per Sperling e Kupfer (pagg. 252, euro18). Il primo, saggista, è esperto di archivi anglosassoni; il secondo è un giornalista investigativo, specializzato nella storia segreta italiana.
Così, si scopre che, a Milano, il segretario federale del Fascio, Mario Giampaoli, e il podestà Ernesto Belloni si arricchiscono con le mazzette degli industriali e con i lavori pubblici per il restauro della celebre Galleria, coperti dall’amicizia col fratello di Mussolini.
Il ras di Cremona, Roberto Farinacci, conquista posizioni sempre più importanti tramite una rete occulta di banchieri, criminali e spie. Diventa così il principale antagonista del Duce, che a sua volta fa spiare i suoi maneggi.
Lo squadrista fiorentino Amerigo Dumini tiene in scacco il governo con le carte -sottratte a Giacomo Matteotti dopo averlo assassinato- che provano le tangenti pagate alle camicie nere dall’impresa petrolifera Sinclair Oil.
Utilizzando i documenti della Segreteria particolare di Mussolini e quelli britannici desecretati di recente, gli autori ricostruiscono, con lo scrupolo degli storici e il fiuto degli investigatori, l’intreccio perverso tra politica, finanza e criminalità nell’Italia del Ventennio.
E attraverso alcune storie emblematiche che si dipanano col ritmo di una ‘spy story’, vengono mostrati i meccanismi profondi e mai completamente svelati delle ruberie, delle estorsioni e degli scandali sui quali crebbe, in pochi anni, una vera e propria “Tangentopoli nera”.
Ma i misteri continuano ad essere tanti. Ad esempio quelli dei documenti scomparsi a Roma il 10 giugno 1924: si tratta delle carte della borsa di Matteotti, sottratte da Amerigo Dumini, militare a capo della squadraccia che sequestrò e uccise il politico antifascista. Saranno usati come arma di ricatto contro Mussolini e poi seguiranno Dumini nelle sue peregrinazioni nel mondo.
“A oltre 90 anni dal delitto -spiegano all’Adnkronos i due autori- quelle carte continuano ad essere irreperibili, malgrado decenni di ricerche in Europa e in America, da parte di storici e studiosi. Ma è innegabile che, al giorno d’oggi, siano custodite negli archivi segreti del Naval Intelligence Department, a Londra, e in quelli del Federal Bureau of Investigation e del Dipartimento di Stato statunitense, a Washington”. Inglesi e americani, dunque, gli alleati.
Pubblicato il 16/10/2016