Il nostro viaggio può partire dai bagni e dai retro dei locali dove le pasticche colorate hanno invaso da qualche tempo i nostri locali, molte delle quali provengono da Cosenza. Il viaggio poi continua fuori dai locali, basta farsi una camminata per i centri dei paesini della costa per vedere altro tipo di commercio affiancato all’artigianato locale: erba, hashish, il cui consumo è aumentato vertiginosamente anche perché è a Km 0.
Diversi paesini dell’entroterra ospitano vaste coltivazioni, infatti non è difficile trovare chi vende l’erba a 5 euro al grammo. Ma quello che tutti lamentano è che la percentuale di guadagno si è un po’ abbassata per chi vende soltanto.
Sì perché da un po’ di tempo a questa parte vendono praticamente tutti: gruppi di ragazzini da 16-17 anni in su. Insomma una catena più lunga, ci sono più passaggi di mano. Allo stesso tempo i prezzi si devono abbassare per stare sul mercato. Diventa molto più accessibile e c’è un continuo ricambio.
E questo è il lato più drammatico della povertà e della disoccupazione in Calabria: guadagni facili e immediati sono garantiti più che altrove.
Dimenticate il modello ‘ndranghetistico rigido e verticistico con piazze ben definite e prezzi fissi e decisi dall’alto. Così ce lo hanno sempre descritto e raccontato. Quello che viene fuori è un modello molto più fluido e dinamico dove anche l’età dei gestori si sta abbassando molto. Il modello che sembra prendere forma è èpiù fluido, ma anche più instabile.
Poi ovviamente c’è altro. C’è la coca e ultimamente ritorna l’eroina: “Lì si ragiona meglio in termini di soldi”. Da Cosenza in su, per tutta la costa tirrenica cosentina, addirittura alcune tratte raggiungono le piazze di Napoli; il nostro viaggio ci ha portato lontano e sarà il caso di soffermarsi sulla zona.
Sembra che gestire una zona sia un po’ come gestire una multinazionale: gli stipendi, i guadagni, ecc. Se si dà la gestione a piccoli gruppi e la filiera diventa più lunga significa che la percentuale di guadagno, come abbiamo detto, può tenersi bassa perché ci sono più persone pronte ad entrare. Cioè c’è più bisogno, più povertà questa è una realtà, forse è la realtà e non può essere taciuta. Ha conseguenze precise: vuol dire un ricambio più veloce, ma significa anche avere meno controllo e fedeltà. Significa anche dover essere più competitivi non solo abbassando gli stipendi, ma anche diminuendo la qualità dei prodotti.
Cioè un territorio diventa più facilmente permeabile alla concorrenza. Esattamente come in una grande distribuzione. Inoltre tutto fa pensare che i costi di distribuzioni siano lievitati leggermente: portare carichi sostanziosi è diventato più rischioso e quindi più costoso.
Questo non vuol dire che i clan egemoni abbiano perso il loro scettro, anche da come emerge dalla relazione della DIA, nonostante le ultime retate e le inchieste.
Bisognerebbe che la magistratura si facesse qualche domanda: tanti pesci piccoli, ma i referenti e gli snodi rimangono intatti. Una cosca non muore e non è mai morta se manca il capo, ma solo se si colpiscono gli interessi vitali e i nomi che garantiscono le coperture. Vuol dire che gli equilibri sono più fragili e le scalate di potere o le intrusioni più facili con tutte le nefaste conseguenze.
Certo, si può dire che siano sono solo ricostruzioni azzardate e ingigantite. Che non c’è bisogno si ostinarsi a vederci tutto questo tra le stradine dei nostri paesi. Generalmente si parla delle ombre per illuminarle, si parla del male per amore del bene. Viene il sospetto che si parli e si difenda ostinatamente il buono che c’è per “amore” del male. O magari per paura di scoprirsi ormai impotenti di fronte a tutto questo.
di Saverio Di Giorno e Francesca Lagatta