Frank Benedetto, direttore generale del Grande ospedale metropolitano di Reggio Calabria, non solo sapeva tutto, ma avrebbe ammesso in tempi non sospetti l’uso dei cartoni al posto del gesso per i pazienti giunti in pronto soccorso con fratture e lussazioni. Da qualche ora la notizia è già apparsa sul sito Il Corriere della Calabria, autore della rivelazione dello scandalo sanitario, ma negli ambienti giornalistici la voce, che è molto più di una voce, circola insistentemente già dal pomeriggio di ieri.
Le nostre fonti accreditate assicurano che Gianluigi Scaffidi, segretario aziendale del sindacato Anaao-Assomed, qualche giorno prima delle rivelazioni del Corriere della Calabria avesse avvertito già chiesto conto al direttore generale del nosocomio su quanto stava accadendo. Benedetto, senza minimamente smentire l’accaduto, si sarebbe giustificato dicendo che le ingessature di cartone si sarebbero rese necessarie poiché i tutori ordinati nei giorni precedenti non erano ancora stati consegnati.
Non è chiaro se tra Benedetto e Scaffidi ci sia stata una telefonata, un messaggio o una conversazione avvenuta di persona, ma è certo che i Nas, corsi ad ispezionare il reparto dopo il polverone mediatico, abbiano acquisito prove sufficienti a dimostrare che il giornale diretto da Paolo Polichieni e il firmatario dell’articolo Pietro Bellantoni hanno informato correttamente i lettori su quanto è avvenuto nell’ospedale reggino. Altro che fake news.
Ma non è tutto. Il dg Benedetto avrebbe espresso il suo disappunto per il «bendaggio d’emergenza» e avrebbe anche dichiarato di voler far luce sulla vicenda. È tutto agli atti.
Peccato solo che dopo la pubblicazione dell’articolo incriminato l’ospedale abbia respinto tutte le accuse, trovando il favore della giornalista Donata Marrazzo che dalle colonne del Sole 24 ore, da dove solitamente dipinge la Calabria e il suo governo come il paradiso in terra, aveva bollato la notizia come fasulla, totalmente infondata. Se non proprio creata ad arte, come hanno sostenuto nelle ore successive gli oliveriani incalliti, benché non avessero neppure contezza di ciò di cui stavano parlando.
Lo stesso governatore Mario Oliverio aveva prontamente condiviso sul web l’articolo pubblicato dal giornale a cui spesso versa contributi per servizi e pubblicità, anziché attivarsi per cercare di capire come mettere fine allo scempio.
Dì lì era partito il subdolo linciaggio mediatico ai danni del giornalista Bellantoni, a cui però decine di colleghi, di quelli un po’ meno proni al potere, avevano mostrato piena solidarietà prendendo le sue difese consapevoli della veridicità della notizia.
Per quanto ci riguarda, presso la nostra redazione stanno giungendo decine di segnalazioni di medici, che chiaramente chiedono di rimanere anonimi onde evitare ritorsioni, i quali ci assicurano che alla pratica del bendaggio di cartone al posto del gesso non si sarebbe ricorsi solo nelle occasioni denunciate dal Corriere della Calabria. Oltretutto sarebbe accaduto anche in altri ospedali.
Chi mastica la materia sanità, sa bene che in Calabria l’assurdo è la regola e mettere la testa sotto la sabbia non fa che aumentare a dismisura i disagi. Ma in questa terra i giornalisti con la schiena dritta non sono graditi e quando questi non fanno ciò che vuole il potere si grida a casaccio alle fake news. E quando la fake news non regge, si aizza il popolo contro il cronista indisciplinato: «Quel giornalista fa cattiva pubblicità, vuole il male della nostra terra». Per fortuna che le bugie hanno le gambe corte. Anzi cortissime.