Antonio Pascuzzo in una foto scattata 15 giorni prima della sua scomparsa
Antonio Alexander Pascuzzo è stato ucciso. Il 18enne trovato morto questo pomeriggio in una scarpata nei pressi del fiume Peglio a Buonabitacolo, è morto per le ferite che gli hanno procurato sei coltellate al petto. Lo hanno riferito fonti ufficiali a poche ore dal ritrovamento del corpo senza vita, avvenuto in una zona periferica della cittadina del Vallo di Diano ma non molto lontano dal centro.
Il 18enne era sparito nel nulla la sera del 6 aprile scorso, dopo aver detto allo zio di dover uscire di casa per andare a comprare le sigarette. Da quel momento di Antonio se ne erano perse le tracce nonostante l’intensa attività di ricerca avviate dalle forze dell’ordine e dalla protezione civile, supportata da tanti amici del giovane e da tanti volontari della zona. Secondo una prima sommaria ricostruzione riportata dalla stampa locale, la morte sarebbe avvenuta solo tre giorni fa, ciò quattro giorni dopo l’allontanamento.
Pertanto gli inquirenti starebbero indagando in ogni direzione. Recentemente la vittima era stata arrestata per spaccio di sostanze stupefacenti, mentre un mese fa sul suo profilo facebook aveva postato una frase che, con il senno di poi, risulta ancora più agghiacciante. Il 6 marzo scriveva: «Non merito di vivere», poi una faccina triste e una pistola puntata al volto.
Dapprima, infatti, la sua scomparsa aveva fortemente alimentato la teoria del suicidio, ma poi, il luogo del ritrovamento e i segni sul corpo, sin da subito riconoscibili come coltellate, avevano subito spazio all’ipotesi dell’omicidio. La conferma è arrivata poco dopo le 20, a quattro ore dalla scoperta del cadavere.
Sul posto, insieme a magistrati, medico legale, forze dell’ordine, è giunto papà Giuseppe, con il quale Antonio viveva in casa a Buonabitacolo dal giugno di un anno fa, quando aveva lasciato il Perù dove viveva invece con sua madre. Il genitore si è comprensibilmente lasciato andare a gesti di impeto e disperazione, mentre un urlo di rabbia provava a squarciare il silenzio assordante di chi assiste inerme a una simile tragedia: «Chi ha fatto male a mio figlio?»