Primo scheletro completo mai trovato in Italia di Elephas antiquus. Era alto 4 metri al garrese. Una scoperta fortuita, ma che potrebbe in parte riscrivere la storia della Calabria settentrionale
di Alessia Candito
(La Repubblica) – La grande siccità dell’estate in Calabria non ha portato solo roghi e problemi, ma anche un regalo. Dal lago Cecita, nella Sila cosentina, sono emerse tracce e reperti di un Elephas antiquus, “cugino” più giovane ed europeo dei ben più noti mammut asiatici. Una scoperta fortuita, ma che potrebbe in parte riscrivere la storia della Calabria settentrionale.
Il 17 settembre scorso gli archeologi della Soprintendenza erano stati chiamati nel fondo privato dei Greco, famiglia di imprenditori cui appartiene un grosso appezzamento di terreno vicino al lago, per verificare il ritrovamento di presunte armi longobarde, ma il sopralluogo ha subito fatto emergere qualcosa di ben più interessante. Tra il fango ormai secco del fondale, messo a nudo da mesi di siccità, si nascondevano i resti dell’antenato preistorico dell’elefante.
Ai tecnici della Soprintendenza i primi rilievi sono bastati per non avere dubbi. Il Cecita per millenni ha nascosto i resti di un Elephas antiquus. Lo dicono le zanne leggermente arcuate, lunghe circa 3 metri e i frammenti diafisari che ricostruiscono un’altezza di 4 metri al garrese. Tutte caratteristiche tipiche della specie che ha abitato l’Europa 700mila anni fa.
Secondo le prime valutazioni, il gigantesco animale sarebbe morto sulle sponde del lago per cause naturali. Nella zona non sono stati infatti trovati elementi che facciano pensare alla presenza di antichi cacciatori, ma le indagini nell’area sono solo all’inizio.
Al momento – grazie ai fondi messi a disposizione da Segretariato Regionale del MIBACT per la Calabria, Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Catanzaro, Cosenza e Crotone, Comune di Spezzano della Sila, Parco Nazionale della Sila e Università del Molise e di Bari – sono stati asportati dal sito solo una zanna, un molare e altri frammenti, che nei prossimi mesi saranno sottoposti a pulizia, consolidamento e restauro presso il laboratorio archeologico dell’ateneo molisano. Ma le ricerche – dicono gli archeologi – dovranno continuare. E non solo perché gran parte dello scheletro dell’elefante è ancora nascosto fra i sedimenti.
Preliminari ricognizioni lungo la riva del lago, a poca distanza dai resti dell’Elephas, hanno palesato – annuncia la Soprintendenza – la presenza di importanti testimonianze d’interesse archeologico. Certo, per indagarli a fondo bisognerà aspettare. Con l’arrivo dell’autunno e delle prime piogge, il livello delle acque del lago è tornato a crescere e si appresta a coprire la zona di scavo. Ma soprattutto è necessario trovare i fondi.
Alla Soprintendenza si sta lavorando ad un progetto di ricerca che preveda, oltre al recupero dello scheletro dell’elefante, anche una serie di ricognizioni esplorative lungo le sponde del bacino lacustre, insieme a perlustrazioni dall’alto con l’impiego di droni e
un programma di analisi specialistiche di tipo sedimentologico, archeobotanico e palinologico, necessarie per una precisa ricostruzione paleoambientale in senso diacronico. Un programma ambizioso, ma – dicono gli esperti – necessario per svelare i tanti segreti ancora sepolti sul fondo del Cecita.