Lo sciopero generale, convocato per il 10 novembre promosso dall’USB, Confederazione COBAS e CIB UNICOBAS, si inscrive in una situazione di generale drammaticità economica e sociale.
Nonostante le dichiarazioni governative, propinate dai media meinstream, di una crisi ormai alle spalle, si continua nell’attacco alle già precarie condizioni di vita dei settori sociali più deboli. Si intensifica l’opera di macelleria sociale, messa in atto dal governo Gentiloni ai danni di giovani, studenti, lavoratori, pensionati; Si procede a testa bassa nel processo di privatizzazione dei settori centrali per la vita del paese (sanità, scuola-università-ricerca, trasporti, telecomunicazioni), si continuano a svendere interi apparati produttivi (Ilva, Alitalia), si insiste con l’attacco al mondo del lavoro e alle pensioni, si inaspriscono le strette autoritarie e repressive contro i movimenti sociali e sindacati conflittuali, si fomenta una guerra tra poveri, un clima d’odio nei confronti dei migranti e una sempre maggiore emarginazione e criminalizzazione dei più poveri.
L’attacco alle condizioni di vita e di lavoro dei salariati è arrivato a livelli mai visti. Dopo gli ultimi interventi legislativi e con la disoccupazione sempre maggiore, la precarietà è diventata il paradigma del mondo del lavoro: siamo tutti sempre più sfruttati, sottopagati e ricattabili. In questo contesto l’alternanza scuola-lavoro, non rappresenta altro che l’ennesimo regalo ai padroni, ed un dispositivo attraverso il quale i ragazzi vengono addomesticati e proiettati ad un futuro occupazionale sfruttato e precario.
Al sud, (endemicamente designato a sub-colonia funzionale agli interessi dei padroni del nord), la crisi ha inasprito le già precarie condizioni delle sue genti. L’unica cosa che sembra crescere è il numero dei disoccupati e dei giovani costretti ad emigrare. La disoccupazione giovanile, si attesta a quasi il 50%, rappresentando un primato nell’intera Europa. Agli oltre 6 mila mobilitati si sommano gli inoccupati di lunga data e le altre migliaia di persone e che nella crisi hanno perso il lavoro. Un esercito di centinaia di migliaia di persone poste sotto il ricatto dei vari potentati politici del territorio che sulla disperazione di queste masse costruiscono le proprie fortune politiche ed economiche.
Mentre si porta scientemente avanti un operazione di smantellamento della sanità pubblica, governanti e padroni già immaginano i guadagni che verranno fuori dal nuovo ospedale ed i profitti che intascheranno dalle convenzioni per l’apertura di nuove cliniche. Cliniche private finanziate con denaro pubblico e gestite capestramente senza alcun controllo.
Le uniche prospettive per migliaia di giovani, in buona misura laureati, o per quei soggetti che a 50/55 anni hanno perso il lavoro e difficilmente troverebbero collocazione consona al proprio profilo professionale, sono i call center, che nel territorio cosentino e regionale sorgono come funghi. Call center che rappresentano il moderno paradigma produttivo. Luoghi personalizzati con tempi di produzione stressanti ed inumani, e con paghe anche di 2€ all’ora e rapporti di lavoro interinale super precario. Stage e tirocini non retribuiti, della durata di svariati mesi con ipotetica promessa di contratto, al termine della prova, sono un altro strumento di ricatto padronale nei confronti dei lavoratori. Modalità di reclutamento utilizzata tanto negli asili nido quanto nelle strutture sanitarie, che nel commercio. In quest’ultimo settore il livello di sfruttamento ha toccato (al pari che nella logistica) livelli insostenibili con turnazioni della durata di 10/12 ore, senza il rispetto di alcun istituto contrattuale, senza riposi e con la costrizione del lavoro domenicale e festivo.
Lo scenario appena dipinto è la grigia quotidianità che viviamo sui nostri luoghi di lavoro. Invertire questo scenario e capovolgere gli attuali rapporti di forza tra padroni e vecchi e nuovi salariati diviene condizione indispensabile se non vogliamo trovarci tra poco tempo in un sistema di schiavitù legalizzato e istituzionalizzato in cui miseria e marginalità saranno il nostro pane quotidiano.
A questo si aggiunge lo scempio che padroni e governanti fanno dei nostri territori e dei beni comuni (acqua, aria, terra), devastando l’ambiente e speculando senza vergogna sulla vita e la salute di milioni di persone.
E’ dunque necessario, oltre che lottare per garantirsi migliori condizioni di lavoro e diritti basilari quali quello alla casa, lottare per salvaguardare il territorio e le comunità in cui viviamo, troppo spesso sotto l’attacco congiunto di speculazioni politiche e avidità imprenditoriale che producono devastazione ambientale e del tessuto urbano.
Organizzarsi in ogni luogo di lavoro, in ogni quartiere, in ogni scuola, far fronte all’attacco che padroni e governati stanno conducendo sulle nostre esistenze.
Osare lottare, osare vincere!
C.A.S. Cosenza (collettivo autonomo studentesco)
COBAS (confederazione dei sindacati di base)
USB (unione sindacale di base)
SCIOPERO GENERALE E GENERALIZZATO CORTEO CITTADINO
Venerdì 10 Novembre 2017 h.09:30 P.zza Loreto-Cosenza