Dopo quattro anni di processi, udienze, umiliazioni per l’ex parrocchiana Giada Vitale, e una mole di perpetue e sacerdoti in aula pronti a difendere l’operato dell’ex guida spirituale di Portocannone, don Marino Genova, la controversa vicenda giudiziaria si chiuderà definitivamente il prossimo 3 ottobre 2017 su decisione del giudice Michele Russo che ha presieduto il collegio lo scorso giugno.
Il processo era balzato agli onori di cronaca nazionale quando il giudice Daniele Colucci, in servizio al tribunale di Larino, aveva assolto il prete definendo il rapporto tra i due una vera e propria relazione amorosa. Non era bastato che don Marino Genova, all’epoca dei fatti 55enne, ammettesse di aver avuto rapporti sessuali con la ragazzina per 4 anni e non era servito nemmeno che i medici testimoniassero un grave disagio psicologico della giovane parrocchiana di Portocannone, in Molise, dovuto alla perdita degli affetti più cari (clicca qui per leggere la storia).
Giada Vitale, oggi 21 anni, sarebbe stata consenziente ai rapporti intimi e la prova sarebbe la mancata reazione della giovane, che per 4 anni era rimasta come ipnotizzata da don Marino Genova.
In realtà a Giada quella condizione non le piacevano affatto, tanto da lasciare la scuole e finire sotto psicofarmaci, ma trova la forza di ribellarsi solo all’età di 17 anni. Prima la denuncia al Vescovo, che tutto quello che fa è spostare don Marino in un’altra parrocchia, poi quella penale, con la quale finalmente si apre un processo a carico dell’indagato, ma diviso in due fascicoli.
Il giudice, in pratica, fa una netta distinzione tra ciò che è avvenuto quando la vittima ha ancora 13 anni, e quando, tre mesi dopo dall’inizio dei rapporti sessuali, compirà il 14° compleanno. Da qui in poi il giudice assolve don Marino, specificando anche che non essendo egli uno psicologo, non era tenuto a a badare alla condizione psicologica della vittima, in quanto prete e non psicologo. Nella sentenza è scritto così.
Ma anche per ciò che è avvenuto dall’aprile al giugno del 2009, e cioè quando Giada ha ancora 13 anni, il giudice è inspiegabilmente, assai clemente. Il prete viene sì rinviato a giudizio ma, sempre nell’ottica del consenso, tanto che il capo di imputazione viene derubicato ad atti sessuali con minore. Il reato, comunque, è punito dal Codice Penale all’articolo 609-quater, che sanziona con la reclusione da cinque a dieci anni «la condotta di chiunque compie atti sessuali con persona che al momento del fatto non ha ancora compiuto quattordici anni».
Il contro alla rovescia per appurare se Giada Vitale avrà la sua misera fetta di giustizia è già iniziato.
Il caso è stato seguito dall’associazione Rete l’Abuso onlus del presidente Francesco Zanardi e dalla consigliera regionale del Molise Nunzia Lattanzio. Attualmente l’avvocato difensore di Giada Vitale è Giuseppe D’Urbano.
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