(L’albero della discordia)
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C’era una volta un albero, poi è stato tagliato per ragioni di sicurezza, ma per tutto il tempo che è rimasto lì, nel piazzale del centro storico, circa quarant’anni fa, ancora non tutti, benché siano in pochi, lo conoscevano.
Ma ci spighiamo meglio. Alcuni giorni fa la nostra redazione aveva ricevuto e pubblicato, come impone l’onestà intellettuale giornalistica, una lettera di un cittadino indignato per taglio dell’albero (clicca qui per leggere l’articolo). Ci aveva parlato di un albero di cedro e noi, come da prassi, avevamo verificato che si trattasse di un cedro libanese, qualità rara appartenente alla categoria delle pinacee e per questo molto simile a un pino. Aveva detto che forse si trattava di un albero forse secolare, ma di anni ne aveva probabilmente 40, e siccome non era quello il punto della situazione ma un altro, e cioè il taglio selvaggio degli alberi, non lo abbiamo di certo censurato. Oltretutto non eravamo noi a dover dare risposte, che serviamo solo da mezzo per arrivare alle istituzioni.
In sostanza quando abbiamo pubblicato la lettera sapevamo tutto: chi l’ha piantato, chi l’ha tagliato (i lavoratori socialmente utili), perché e soprattutto che cos’era. Per sincerarci delle informazioni ci siamo anche recati sul posto e scattato delle foto che abbiamo sottoposto all’attenzione di esperti e ambientalisti. Ma trattandosi di lettera, e siccome siamo del tutto contrari alla censura, non abbiamo aggiunto di nostro neppure una parola, dopo aver verificato attentamente la notizia.
Anche perché il buon senso avrebbe dovuto suggerire ai diretti interessati di rispondere alla lettera, o meglio al cittadino che l’ha scritta, spiegando ciò che egli, giusto o sbagliato, chiedeva all’amministrazione comunale, usando direttamente la nostra testata, che ricordiamo a chi non lo sa, non è di parte, non guida crociate contro qualcuno o qualcosa, meno che meno contro le istituzioni, ma racconta fatti e notizie, rendendosi sempre e comunque disponibile alla pubblicazione di eventuali note che contraddicano, spieghino e approfondiscano ciò che abbiamo detto.
Ma a Verbicaro pare che la democrazia, per alcuni, sia una perfetta sconosciuta e piuttosto che affrontare le questioni e rispondere alla cittadinanza, si giochi a fare i leoni da tastiera facendo delle figure barbine. L’ultima, speriamo non solo in ordine di tempo, si è verificata proprio con la notizia dell’albero.
Nei commenti di un povero cristo che si era azzardato a condividerla, si è scatenato quasi l’inferno. Molti verbicaresi ci hanno preso in giro e accusati di aver pubblicato una notizia falsa, mentre continuavano imperterriti a dichiarare che l’albero in questione fosse un pino e non un cedro. Insomma, il bue che dà del cornuto all’asino. Avremmo riso anche noi se non fosse che la situazione è drammatica, perché la vicenda, al di là della categoria dell’albero, è la più vera rappresentazione di uno spaccato di società supponente e arrogante, che cerca e pretende di insegnare agli altri prima ancora di aver imparato per se stessi. Il provincialismo più becero che presta il fianco al libertinaggio della rete. «Nemmeno le piante riconoscono», scrivono loro a noi. E poi hanno una teoria dura a morire: scriviamo cazzate, a priori, perché scriveremmo per la redazione di Iacchite’. Peccato, e lo diciamo con rammarico, che non sia vero neanche questo. Gli articoli a nostra firma sul sito del direttore Carchidi ci sono perché i suoi redattori sono autorizzati a prenderli dal nostro sito, e viceversa, al solo fine di ampliare l’offerta ai lettori. Ah, ma scrivono che ci scrivevamo perché secondo le loro fonti accreditatissime Iacchite’ sarebbe stato chiuso e le pubblicazioni interrotte. Grazie al cielo è falso anche questo. Ma tant’è. Chapeau.
Ecco una carrellata dei commenti più significativi.