(Fonte foto: Quotidiano del Sud)
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Il magistrato Alberto Cisterna, l’uomo che ha combattuto la mafia direttamente dalla Direzione nazionale antimafia al fianco dell’attuale presidente del Senato Piero Grasso, qualche giorno fa è stato condannato in primo grado dal giudice monocratico di Reggio Calabria, a un anno, pena sospesa, per il reato di falso. La notizia si è diffusa in rete con estrema lentezza.
Secondo le accuse l’ex numero 2 della Dna, avrebbe attestato la sua presenza ad alcune lezioni all’Università Mediterranea di Reggio Calabria relative all’anno accademico 2009-2010 mentre in realtà si trovava addirittura fuori dalla città metropolitana.
Già nel 2015 finì nella bufera per il provvedimento di censura che adottò il Consiglio Superiore della Magistratura nei suoi confronti per i presunti rapporti del figlio del boss.
Di seguito, riportiamo integralmente un articolo relativo alla vicenda tratto dal sito del Corriere della Calabria e pubblicato nel marzo del 2015.
“La Sezione disciplinare del Csm ha condannato alla sanzione della censura il magistrato Antonio Cisterna, vice di Piero Grasso quando il presidente del Senato era procuratore nazionale antimafia. L’accusa, quella di aver violato norme di legge e organizzative per non aver tempestivamente informato il suo diretto superiore di contatti, soprattutto telefonici, avuti per diversi anni con Luciano Lo Giudice, figlio di Giuseppe, capo di una cosca della ‘ndrangheta e fratello di Antonino, il boss che in seguito si autoaccusò degli attentati del 2010 contro la sede della Procura generale di Reggio Calabria e l’abitazione del Pg Salvatore Di Landro.
La vicenda disciplinare era scaturita da un procedimento penale a carico di Cisterna, che era stato accusato da Antonino Lo Giudice di aver preso soldi da Luciano per favorire la scarcerazione di un terzo fratello, Maurizio. Sulla base di quell’accusa – da cui Cisterna è stato in seguito prosciolto e che lo stesso boss pentito ha ritrattato – la Sezione disciplinare del Csm tre anni fa trasferì il magistrato dalla Procura nazionale antimafia al Tribunale di Tivoli.
Un provvedimento che il “tribunale delle toghe” ha confermato con la decisione presa oggi. La sezione disciciplinare ha accolto in pieno la richiesta della Procura generale della Cassazione. Il difensore di Cisterna, il pm della Procura nazionale antimafia Antonio Patrono, aveva chiesto invece l’assoluzione, ritenendo l’accusa priva di fondamento, per non aver il suo assistito commesso alcun illecito”.