Fu così che dal 1995 al 23 giugno 2003, un via vai di camion carichi di spazzatura, che stranamente viaggiavano anche di notte, iniziò a sversare in Contrada San Nicola, nei pressi della vigna del padre di Gioacchino da Fiore, non 78.000 metri cubi ma ben 107.000.
In poche parole, in una discarica costruita per riuscire a contenere 78.000 metri cubi di rifiuti, ma che in seguito si sarebbe scoperto non essere in grado di trattenere in modo idoneo neanche tale quantità, ne sono stati sversati il 50% in più con successivi devastanti sovrabbanchi.
Negli ultimi anni nel comune di Celico è stato riscontrato uno strano picco di malattie alla tiroide e di un particolare tipo di tumore riscontrabile solo in luoghi fortemente inquinati.
E’ naturale che si giunga a sospettare che la causa possa essere legata all’inquinamento provocato dalla vecchia discarica.
Alcune testimonianze raccontano di due operai che, dopo aver lavorato per anni nella discarica, sono deceduti dopo essersi ammalati di tumore.
Altre testimonianze parlano di abbondanti perdite di percolato nel torrente Cannavino e di animali morti dopo essersi abbeverati nel corso d’acqua.
Al momento della chiusura della discarica l’Arpacal ha effettuato alcune analisi che non hanno rilevato valori anomali. Ma il modo in cui sono stati condotti i prelievi, in numero e con una profondità inferiore a quella prevista, e la presenza di sostanze tossiche rilevate successivamente, e i cui valori sono superiori ai limiti di legge, lasciano non pochi dubbi sull’attendibilità degli stessi.
Della vecchia discarica non esiste un vero e proprio piano di caratterizzazione, nè un piano di bonifica, ma solo un progetto di messa in sicurezza con costi molto elevati parte dei quali a carico della collettività.
La differenza tra una bonifica e una messa in sicurezza è sostanziale. La bonifica dovrebbe portare alla rimozione degli inquinanti, mentre la messa in sicurezza è semplicemente un’opera di contenimento degli inquinanti nel tentativo di posticiparne negli anni l’eventuale fuoriuscita nell’ambiente circostante.
12 settembre 1997 – ore 18:30 – Sala Consiliare Comune di Celico
Mancavano due anni alla data di prevista chiusura della vecchia discarica pubblico-privata. In realtà poi sarebbe stata usata per altri 6 lunghi anni. In consiglio si discute del “Piano di indirizzi per la programmazione ambientale”.
Rimarrà deluso chi immagina che in quella sala, memori della devastazione provocata dalla prima discarica, si discutesse sulla bonifica del luogo e di una svolta radicale nella gestione dei rifiuti.
All’ordine del giorno c’era la programmazione della realizzazione di una nuova discarica. Si proprio così, una nuova discarica sempre in località San Nicola, in prossimità di quella che stava per essere chiusa perché, come si dice in freddo gergo tecnico, stavano esaurirsi i volumi d’abbanco: in altre parole era stracolma di rifiuti.
Alcuni consiglieri di minoranza tentavano di far comprendere che l’utilizzo della vecchia discarica era stato stravolto rispetto a quanto previsto ma il consigliere di maggioranza Oreste Via, intervenendo, illustrava la storia e i vantaggi derivanti derivanti dall’aver realizzato una discarica nel bel mezzo di un bosco. I verbali del consiglio non chiariscono quali sarebbero stati questi vantaggi ma ci verrebbe da pensare ai lauti guadagni dei membri del consiglio di amministrazione della SOGED perché a noi riesce difficile pensare che qualcuno non potesse non rendersi conto che la vecchia discarica stava per mostrarsi come una vera e propria bomba ad orologeria e che di vantaggi per la cittadinanza non se ne vedeva neanche l’ombra.
Fu così che l’amministrazione di Celico nel 1997 iniziò il percorso autorizzativo che porterà alla realizzazione e all’utilizzo della nuova discarica.
Ci teniamo a rimarcare che nel 1997 si decise di realizzare una nuova discarica, non un sito per la lavorazione dell’umido come qualcuno ha tentato di far credere nel corso degli anni. Una vera a propria nuova discarica nel più bel bosco di Celico. In un luogo dove la natura regalava grosse castagne ‘nserte e meravigliosi porcini e che secoli orsono aveva ispirato Gioacchino.
Ma l’amministrazione di Celico non aveva fatto i conti con il Corpo Forestale dello Stato che riconosceva l’area interessata dalla nuova discarica come sottoposta a vincolo idrogeologico. Inoltre il vasto bosco interessato era sottoposto a tutela paesaggistico-ambientale. La Forestale metteva in guardia inoltre dalle modalità di realizzazione della vecchia discarica che avrebbe potuto costituire un corpo di diga con conseguenze devastanti per il territorio a valle. La Regione Calabria pertanto, supportata dal parere negativo del Corpo Forestale dello stato, negava il rilascio dell’autorizzazione.
Di notevole interesse sono le parole usate nel dispositivo emesso dalla regione Calabria per negare il rilascio dell’autorizzazione: “la notevole estensione dell’area da impegnare per l’interramento dei rifiuti allo stato tal quale potrà determinare notevoli effetti negativi nell’ambiente limitrofo”.
In altre parole la Regione Calabria riconosceva scrivendolo nero su bianco che la realizzazione di una nuova discarica in contrada San Nicola sarebbe stato devastante per l’ambiente circostante.
Era il momento per chiudere definitivamente con l’idea di incentrare lo sviluppo del territorio sulle discariche. Il territorio di Celico era già stato per anni il ricettacolo dei rifiuti della provincia di Cosenza e la Regione metteva in guardia dall’idea folle di realizzare una nuova discarica.
Cosa può aver spinto l’Amministrazione di Celico a ricercare la strada per riuscire a realizzare ad ogni costo la nuova discarica? Business is business.
Trascorrono un paio di anni e il 2 Agosto 2001 il 50% della MIGA passa dalle famiglie Mirabelli e Gallo alla società Salvaguardia Ambientale di Raffaele Vrenna. Il Ras della spazzatura calabrese entra a far parte del consiglio di amministrazione della MiGa.
Per capire chi è Salvaguardia Ambientale basti pensare che si occupa anche del trattamento dei rifiuti ospedalieri. Nel 2012 Salvaguardia Ambientale si aggiudicò l’appalto per la gestione dei rifiuti ospedalieri di tutta la regione Abruzzo con un ribasso del 37% (pari a uno sconto di 15 milioni di euro) che portò alla mobilitazione dei media abruzzesi per il sorgere di forti dubbi sulle modalità di smaltimento di tali rifiuti speciali. Lo stesso accadde qualche tempo dopo per i rifiuti ospedalieri della Regione Basilicata.
Il 24 settembre 2001 accade un fatto inatteso. La Regione Calabria infatti ci ripensa e revoca l’autorizzazioneper realizzare la nuova discarica. Non siamo riusciti a risalire alle motivazioni di questa revoca perché i documenti sono per noi introvabili. Inizia infatti da questa revoca un buco nella storia della discarica.
Quel che è certo è che 18 ottobre 2001 la giunta comunale di Celico non accetta la decisione della regione e dopo soli 24 giorni, incarica due avvocati per effettuare ricorso al TAR. La giunta guidata da Oreste Via infatti non accetta la revoca dell’autorizzazione per realizzare la discarica e con i soldi dei cittadini di Celico paga due avvocati per fare ricorso. Come ricorderete Oreste Via è lo stesso personaggio che nel 1997 interveniva in consiglio a nome della maggioranza per illustrare i vantaggi generati dall’utilizzo della vecchia discarica.
Il buco sulla storia della nuova discarica termina con l’incarico agli avvocati da parte del comune di Celico per contrastare la revoca dell’autorizzazione e da parte della Regione per difendere la revoca.
Arriviamo così al 4 ottobre del 2002 quando Alessandro Brutto, cognato di Vrenna, assume la carica di Amministratore Delegato della MiGa e al 18 novembre 2002, quando il Commissario per l’emergenza rifiuti Giuseppe Chiaravalloti, autorizza la messa in esercizio della discarica realizzata sulla base dell’autorizzazione ricevuta nel 1998.
Cosa sia accaduto tra il 18 ottobre 2001 e il 18 novembre 2002 rimane un mistero. Quel che è certo è che la Regione Calabria aveva individuato elementi per ritenere la nuova discarica non più realizzabile e che in seguito a qualche “strano intervento” questi elementi sono stati messi da parte.
Nel frattempo giunge un’altra tegola per Via, Vrenna e tutti coloro che spingono per realizzare la nuova discarica. Infatti, il 13 gennaio del 2003, viene approvato il decreto legislativo numero 36 che, recependo una direttiva europea del 1999, stabilisce nuovi criteri per la realizzazione delle discariche. Tali criteri rendono il progetto della MiGa del tutto sorpassato. Il decreto stabilisce tra l’altro che in discarica non può essere sversato il rifiuto non trattato e che le discariche di norma non possono essere realizzate in zona sismica di prima categoria. Classificazione nella quale rientra la Presila intera. La discarica della MiGa così risulta non utilizzabile perchè non a norma e questa condizione, tutt’ora in forza, durerà sulla carta solo sino al 2008.
Il 23 marzo 2005 Vrenna decide di rilevare integralmente la MIGA. La società che ha un capitale sociale di soli 26.000 euro verrà da ora in poi gestita dall’Amministratore unico Alessandro Brutto, cognato dello stesso Raffaele Vrenna.
Ma a chi è il RAS dei rifiuti calabresi che ha rilevato la società MIGA che gestisce la discarica di Celico?
Investireste voi i vostri denari in una società che dovrebbe realizzare e gestire una discarica che è non a norma e che quindi non potrebbe ricevere rifiuti e quindi produrre utili?
La seconda tegola per Vrenna, Via e il neo acquisto Luigi Corrado arriva nel 2007, quando la Regione Calabria approva il nuovo Piano Regionale Rifiuti. Il piano vieta l’utilizzo degli impianti privati a supporto dell’impiantistica pubblica nella gestione dei rifiuti prodotti in regione. Detto in altre parole nel 2007 la discarica della MiGa non solo non è a norma, ma l’impianto non può ricevere rifiuti prodotti nella regione Calabria.
Vrenna non si scoraggia, è cosciente che ogni volta che in Calabria si scava una buca prima o poi si troverà il modo di sversarvi rifiuti, magari anche allo stato tal quale in modo da massimizzare i profitti.
Probabilmente di ciò erano coscienti anche gli amministratori del Patto Territoriale Silano quando, nel 2007, decisero di regale a Vrenna, tramite la MI.GA., poco meno di un milione e mezzo di euro di fondi pubblici.
Tali fondi, che dovrebbero essere utilizzati per la promozione dello sviluppo locale, vengono concessi alla MiGa per acquistare macchinari per il trattamento dei rifiuti solidi urbani da sversare in una discarica. Peccato che la discarica non solo non è a norma ma non può ricevere i rifiuti prodotti nella nostra regione. Con quale criterio sono stati concessi questi fondi? Non sarebbe arrivato il momento che qualcuno ne renda conto?
Arriviamo al 2008 quando la MIGA dichiara di aver avviato l’impianto di biostabilizzazione. Ma per biostabilizzare che cosa? Con rifiuti provenienti da dove? Quel che è certo è che la MiGa non poteva ricevere rifiuti prodotti in Calabria. Quel che è ancora più certo è che un impianto che produce compost, per quanto di qualità, non è economicamente sostenibile se i costi di trasporto sono eccesivi e importare rifiuti compostabili da fuori Calabria per giungere alle porte della Sila ha costi insostenibili.
Sino quindi nel 2008. La discarica non può essere utilizzata perché non risponde ai requisiti previsti dalla normativa nazionale e non può ricevere rifiuti prodotti nella Regione Calabria. Ma c’è di più. Nel progetto iniziale la strada di accesso passa dal comune di Rovito e l’amministrazione di tale centro si è opposta nettamente al transito del mezzi che trasportano rifiuti.
Il Sindaco protempore di Rovito inizia a ricevere intimidazioni pesantissime. Non sappiamo se gli episodi siano legati al diniego per l’utilizzo della strada ma le tempistiche sono preoccupanti.
L’opposizione dell’amministrazione di Rovito all’utilizzo della strada è inamovibile. Il transito dei mezzi carichi di rifiuti avrebbero devastato la tranquilla vita dei residenti. Alle preoccupazioni del Sindaco di Rovito si contrappongono le azioni scellerate del sindaco Luigi Corrado di Celico che nel 2008 autorizza la realizzazione di una nuova strada che dalla provinciale che porta a Monte Scuro si inerpica a ridosso del Parco Nazionale della Sila e costeggiando il Cannavino porta in località San Nicola.
Vrenna avrà pensato: “se a Celico c’è un Sindaco così accondiscendente è giunto in momento per fare il grande passo”. E così il 27 giugno 2008 la MiGa decide di richiedere l’autorizzazione per ampliare la volumetria della discarica e per adeguarla alla nuova normativa.
Il nuovo progetto si estende sino ad interessare le aree soggette a vincolo per le quali la forestale nel 1997 aveva dato parere nettamente negativo. E in questo devastante progetto trova complice il Comune di Celico, la Provincia di Cosenza e la Regione Calabria.
E’ illuminante leggere i verbali delle conferenza dei servizi che decidono sull’ampliamento della discarica.
Nella prima riunione il Sindaco del Comune di Celico, Luigi Corrado, ribadisce “la necessità e l’urgenza ai fini della tutela del territorio e dell’ambiente di avviare rapidamente i lavori di costruzione della discarica, e considerato che la conferenza dei servizi, non aveva raggiunto gli scopi per cui era stata indetta”, ovvero l’ampliamento della discarica, chiedeva che “in tempi brevi fosse predisposta una ulteriore convocazione”.
Veramente strana la fretta di Luigi Corrado. Il Sindaco del paese che avrebbe risentito maggiormente degli effetti nefasti dell’apertura della discarica spingeva per giungere al più presto al rilascio delle autorizzazioni. Questa fretta è ancora più strana quando, leggendo il progetto della MiGa, si ritrova nero su bianco la previsione di quello che sarebbe accaduto di li a qualche anno. La MiGa infatti, nel richiedere l’autorizzazione, scriveva che con molta probabilità la discarica sarebbe stata utilizzata in occasione delle emergenze per sversare tal quale.
Perché dunque tutta questa fretta mostrata dal Sindaco Luigi Corrado?
Luigi Corrado è lo stesso primo cittadino che ritroveremo nel 2014, con grande faccia tosta, presentarsi al presidio che tentava di bloccare l’utilizzo della discarica. Come poteva nel 2014 sostenere la battaglia di legalità per bloccare la discarica quando egli stesso aveva contribuito in maniera determinante per il rilascio dell’autorizzazione?
E’ ugualmente molto interessante leggere la posizione dell’Amministrazione Provinciale guidata da Mario Oliverio. Nel primo verbale il rappresentante della Provincia fa una valutazione tecnica dichiarando che non vi sono gli elementi per poter valutare la possibilità di rilascio dell’autorizzazione. Nella seconda riunione la Provincia cambia totalmente tono e con un intervento tutto politico afferma che, “condividendo la politica di gestione dei rifiuti della Regione Calabria, al fine di aumentare le capacità di stoccaggio e trattamento esprime parere favorevole all’ampliamento della discarica”. Innanzitutto è utile ricordare che nel 2008 la Calabria era sotto commissariamento per l’incapacità di risolvere l’emergenza rifiuti, pertanto condividere la politica di gestione dei rifiuti della Regione Calabria equivale a condividere il coacervo d’interessi che hanno condannato la nostra regione a 17 anni di commissariamento. Sarebbe poi da chiedersi chi e cosa è intervenuto tra la prima e seconda riunione della conferenza dei servizi per portare l’Amministrazione Provinciale ad un così repentino cambio di posizione.
Altra stranezza che si rileva nei verbali è l’assenza della Soprintendenza ai beni artistici e ambientali. Come ricorderete l’area interessata dalla discarica è soggetta a vincolo paesaggistico ambientale e solo la Soprintendenza avrebbe potuto far valere tale vincolo. L’assenza di tale ente ha permesso pertanto di by-passare impunemente tale vincolo garantendo una sorta di silenzio-assenso.
Ma il quadro non è completo senza descrivere chi erano i personaggi che hanno autorizzato l’ampliamento della discarica a livello regionale.
Il primo è il plurindagato commissario all’emergenza rifiuti Goffredo Sottile.
Il secondo è il Dirigente del Dipartimento Ambiente della Regione Calabria Giuseppe Graziano, attualmente consigliere regionale di forza italia, un personaggio paradossale e vediamo perché.
Il 7 gennaio 2013, il sito DAGOSPIA, scrive che il ministro dell’agricoltura Mario Catania sta per nominare i nuovi comandanti regionali della forestale.
Tra di questi c’è Giuseppe Graziano indagato in Calabria per falso in atto pubblico e abuso d’ufficio.
Per lui il tribunale del riesame di Catanzaro aveva disposto la sospensione da ogni pubblico ufficio visto il concreto pericolo che lui ed altri indagati commettessero altri gravi delitti della stessa specie.
Dagospia afferma che Graziano è un grande collettore di incarichi pubblici e consulenze. E’ stato anche direttore del Parco del Pollino e in tale veste condannato dalla corte dei conti della Basilicata a restituire 20.000 euro.
Mentre era in aspettativa dalla Forestale ha ricoperto l’incarico di dirigente del dipartimento ambiente della regione Calabria.
In Calabria è stato a capo del nucleo di valutazione ambientale dando il via libera al parco eolico Borgia 1.
Secondo il Pubblico Ministrero Villani quel via libera fu dato con innumerevoli irregolarità, configurando il rischio concreto di modificazioni irreversibili del territorio e con danno per l’ambiente ed il paesaggio.
E’ stato sospeso da ogni pubblico ufficio con sentenza del 16 ottobre 2013 per poi essere nominato comandante regionale della forestale.
Vale a dire di quello stesso organo dello stato, posto a difesa dell’ambiente, che nel 1998 aveva rimarcato che non era possibile costruire una nuova discarica in località San Nicola interessando l’area sulla quale egli, come dirigente regionale, nel 2008 forniva invece parere favorevole.
Nell’autorizzazione rilasciata dalla regione, con il consenso del Comune di Celico e della Provincia di Cosenza, sono elencati i rifiuti che possono essere abbancati in discarica. L’elenco è lunghissimo e preoccupante ma è sufficiente leggere che in discarica saranno sotterrati: rifiuti da estrazione di minerali metalliferi e non, fanghi rossi, contenenti barite e cloruri, scarti di tessuti animali, feci animali, urine e letame, rifiuti prodotti da trattamenti chimici, cuoio conciato contenente cromo, ossidi di metallo, scorie fosforose, nerofumo, ceneri pesanti e leggere, scorie, polveri e particolato, scorie non trattate, rifiuti di allumina, rifiuti della fabbricazione di amianto-cemento, ceneri di zinco, catalizzatori, fanghi delle fosse settiche, rifiuti della pulizia delle fognature.
Nel presentare l’autorizzazione viene richiesta alla MIGA una relazione integrativa sull’impatto ambientale. In tale relazione si riscontrano una serie di informazioni che rendono bene l’idea di come la realizzazione della discarica sia stata voluta ad ogni costo infischiandosene della salute dei cittadini.
Nella carteggio prodotto nel 2008 dalla MIGA, viene allegata una relazione integrativa del sindaco di Celico del 1997 che, sulla base delle misure effettuate dalla MIGA stessa, certifica che la distanza dal centro abitato di Celico è inferiore ai mille metri previsti per legge. Nella relazione si afferma che tale prescrizione può essere derogata perché previsto da una delibera di giunta. Peccato che nel 2008 tale delibera era stata abbondantemente superata da nuove norme. Nella stessa documentazione si dimentica colpevolmente che la discarica dista meno di 1000 metri anche dal centro abitato di Rovito e da tale centro la discarica è perfettamente visibile.
Il fatto più allarmante è determinato dalla posizione dell’amministrazione di Celico guidata da Luigi Corrado che, ignorando completamente la questione della salute dei propri cittadini e di quella dei comuni limitrofi, autorizza la realizzazione di una discarica pur sapendo che la distanza dall’abitato non garantisce un margine minimo di sicurezza.
Che la distanza dai centri abitati non è adeguata se ne accorgono per primi e a proprie spese i cittadini di Rovito e poi quelli di Celico e dei comuni limitrofi quando la MIGA inizia a lavorare rifiuti biodegradabili di cucine e mense, scarti non utilizzati per il consumo o la trasformazione, imballaggi in legno, feci animali, urine e letame per produrre compost.
A questo punto parte la cortina fumogena che tende a presentare la discarica come un sito di compostaggio. Le preoccupazioni dei cittadini si concentrano sulla puzza insopportabile che viene emessa durante le fasi di lavorazione dell’umido, mentre si continua sottotraccia a lavorare per permette l’utilizzo di quella che è nata da subito come discarica.
La proteste dei cittadini, soprattutto di Rovito, spingono il prefetto ad intervenire. La MIGA si impegna ad effettuare la lavorazione dell’umido in locali chiusi. Tale prescrizione è da sempre contenuta delle autorizzazioni rilasciate alla MiGa ma costantemente violata, costantemente denunciata mentre la Regione Calabria che dovrebbe intervenire revocando le autorizzazioni continua imperterrita a rilasciare proroghe su proroghe.
Nel 2012 la MIGA inizia a commercializzare il compost prodotto con il nome di “Biocompost Compost Biologico” e nell’approvazione del bilancio comunica che a breve entrerà in esercizio il primo lotto di discarica. Ci verrebbe da chiedere per sversare cosa? Coma faceva MiGa a sapere che di li ad un paio di anni sarebbe esplosa l’ennesima emergenza rifiuti e che la Regione Calabria avrebbe stravolto le norme per permettere l’utilizzo della discarica illegale di Celico?
Nello stesso bilancio del 2012 la MiGa dichiara di aver accumulato perdite per 336.463 euro.
Nell’Amministrazione guidata da Luigi Corrado qualcuno deve essersi impietosito per un perdita di denaro così consistente e così nel luglio 2013 il Consiglio Comunale di Celico approva un protocollo d’intesa per giungere all’utilizzo della discarica della MIGA.
A questo punto siamo nel 2014. Vrenna ha dalla sua l’amministrazione di Celico, la Provincia di Cosenza e tutti coloro che hanno garantito il mantenimento di una situazione di emergenza nella gestione dei rifiuti. Anche il Crotonese assessore all’ambiente Pugliano ha tutti gli interessi per avviare nella discarica di Celico i rifiuti di mezza Calabria. Ma per l’utilizzo della nuova discarica di Celico c’è un ultimo ostacolo costituito dal Piano Regionale Rifiuti che impedisce l’utilizzo degli impianti privati.
Il problema è presto risolto nel febbraio 2014 da un emendamento alla legge regionale presentato da Fausto Orsomarso. Tale norma modifica il Piano Regionale per la gestione dei rifiuti e permette l’utilizzo anche delle discariche private e persino quelle il cui percorso di autorizzazione definitiva risulta ancora in corso. L’emendamento è molto contestato dalla minoranza dell’epoca in consiglio regionale. Leggere i verbali della seduta di consiglio è emblematico. Il Consigliere Guccione accusa la giunta Scopelliti “di aver approvato l’emendamento perché non è in grado di uscire dall’emergenza rifiuti, che la norma presenta profili di incostituzionalità e che Scopelliti piuttosto che premiare la Presila per aver raggiunto alte percentuali di differenziata nella raccolta dei rifiuti, ha adottato soluzioni che distruggono un sistema, un modello e puniscono un’ esperienza positiva”. Il consigliere Orsomarso interviene e dalle sue parole si comprende che non sa neanche di cosa si sta parlando, mentre Sandro Principe si lamenta perché a suo tempo non è stata autorizzata la realizzazione di un inceneritore nella città di Rende.
Dal febbraio 2014 non esistono più ostacoli per utilizzare una discarica voluta dall’amministrazione di Celico sin dal 1997, in un’area soggetta a rischio sismico 1, a vincolo idrogeologico e paesaggistico-ambientale, a ridosso del Parco Nazionale della Sila, a poche centinaia di metri dai centri abitati, a poche decine di metri dal torrente Pinto e dalla ferrovia e a più di 800 metri sul livello del mare.
L’improvvisa, ma non inaspettata apertura della discarica, provoca la reazione delle popolazioni che abitano nei paesi a ridosso del sito.
Il 16 febbraio 2014 centinaia di persone muovono in marcia dal centro di Celico sino al presidio che diventerà per diversi giorni simbolo della protesta tanto da essere intitolato “piazza della libertà”.
Nel presidio decine di persone stazioneranno giorno e notte per impedire il transito dei mezzi che trasportano rifiuti. La resistenza è inamovibile sino al 21 febbraio, quando un centinaio di uomini delle forze dell’ordine tra carabinieri, polizia e guardia di finanza, provano a forzare il blocco. Si giunge ad una mediazione. Al fine di far cessare l’emergenza che ha fatto si che le strade dell’intera Calabria fossero invase dai rifiuti, il presidio concede il transito dei mezzi carichi di rifiuti solo per dieci giorni. In cambio pretende il controllo di ogni mezzo per verificare il tipo di rifiuto trasportato e la possibilità di visitare la discarica.
Al termine dei dieci giorni l’emergenza rifiuti in Calabria non è cessata. Il presidio si sposta in prossimità della strada privata di accesso alla discarica che s’innesta sulla provinciale che porta a Monte Scuro.
Le istituzioni non mantengono la promessa. Si tenta nuovamente di forzare il blocco e di far transitare mezzi che trasportano tal quale. La resistenza è forte e al grido di “legalità” la regione è costretta a tornare sui suoi passi. Si giunge ad un nuovo accordo. Le forze di oppressione utilizzate per fiaccare la resistenza sono in sovrannumero rispetto alla popolazione resistente. Le lunghe giornate sotto la pioggia gelida e la neve impediscono di opporre una resistenza duratura. Si giunge ad un nuovo accordo che prevede la possibilità di sversare solo dopo aver trattato i rifiuti a norma di legge.
Il Comitato Ambientale Presilano alla resistenza civile associa la battaglia legale. Tra le altre cose invia le proprie osservazioni alla conferenza dei servizi che deve decidere sul rinnovo dell’autorizzazione scaduta nel luglio 2013. Si contesta la distanza minima dai centri abitati non rispettata, la presenza di inquinanti nell’area che dovrebbe indurre ad una maggiore prudenza e la mancanza di una relazione geologica a norma.
La regione chiede al Comitato Ambientale Presilano (CAP) di fornire maggiori elementi sulle distanze che non rispettano le soglie minime, confermando che una discarica non può essere realizzata a meno di 1000 metri da un centro abitato. Il CAP chiede agli uffici tecnici del Comune di Celico e di Rovito di certificare le distanze e da tali relazioni si scopre che la discarica non ha la distanza minima non solo dai centri abitati di Rovito e Celico ma anche dal torrente Pinto, dalla ferrovia e dalle case sparse. Tutto ciò a conferma dell’illegalità della discarica della MiGa.
Le relazioni vengono inviate alla conferenza dei servizi ma il Dipartimento Ambiente sconfessa quanto affermato precedentemente e dichiara che il problema della distanza è già stato valutato in fase di prima autorizzazione e che quindi non può tenere conto della controdeduzione. In altre parole la Regione afferma che è vero che la discarica non rispetta i requisiti per poter essere autorizzata ma che tale autorizzazione sarà rinnovata perché qualcun altro, precedentemente, ha deciso di violare le norme.
Il CAP costringe anche il Comune di Celico e la Provincia di Cosenza ad intervenire perché la strada utilizzata per giungere alla discarica non è a norma.
Il Comune di Celico non può fare a meno di emettere un’ordinanza che limita il transito solo ai mezzi senza rimorchio e di più ridotte dimensioni.
Da parte sua, anche la provincia di Cosenza impone ai mezzi che vogliono accedere alla strada privata che porta in discarica di non attraversare la carreggiata e dunque di accedere dalla direzione opposta, vale a dire da Fago del Soldato.
Inutile dire come tali prescrizioni vengano quotidianamente violate se non in presenza di membri del comitato che si sostituiscono alla polizia municipale e provinciale per imporre il rispetto della legge.
Nel frattempo la regione ci riprova e la presidente facente funzioni Antonella Stasi firma un’ordinanza che permette di sversare tal quale anche nella discarica di Celico. Il CAP produce immediatamente un comunicato stampa e minaccia nuovi blocchi. La stasi meno di 24 ore dopo ritira l’ordinanza. Nella discarica di celico verranno sversati solo rifiuti trattati. Ma anche questo è parzialmente vero. La regione non ha impianti sufficienti per lavorare i rifiuti a norma di legge e per questo viene emessa un’ordinanza che dimezza i tempi di maturazione del tal quale. Il risultato è che in discarica viene sversato illegalmente rifiuto non conforme con la beffa che i cittadini calabresi saranno costretti a pagare multe salate comminate dalla commissione europea.
Il 27 ottobre 2014, anche grazie allo Sblocca Italia approvato dal Governo Renzi, il Dipartimento Ambiente della Regione Calabria, che sarebbe meglio chiamare Dipartimento Discariche, rinnova l’autorizzazione alla MiGa per altri 12 anni. Nel dispositivo impone il termine del 31 dicembre 2014 come data massima oltre la quale la MiGa può trattare i rifiuti prodotti in Calabria, in ottemperanza all’emendamento Orsomarso. Una postilla sibillina che lega l’utilizzo della discarica illegale ad una norma facilmente prorogabile dal Consiglio Regionale.
Accade così che Scopelliti, travolto da un’inchiesta giudiziaria, viene costretto alle dimissioni. Le elezioni del novembre 2014 vengono vinte da Mario Gerardo Oliverio. Lo stesso che, da Presidente della provincia di Cosenza, nell’autorizzazione del 2008 ricevuta dalla MiGa per ampliare la discarica, rilasciava il parere positivo sostenendo di fatto la politica sui rifiuti della Giunta Regionale.
Tra i primi atti che firma il Presidente Oliverio vi è la copia conforme delle ordinanze contingibili e urgenti approvate dal gruppo Scopelliti-Stasi-Pugliano-Gualtieri. Guarda caso l’ordinanza è controfirmata dal dirigente del settore ambiente Gualtieri che da anni fa il bello e il cattivo tempo nel settore rifiuti con risultati che sono sotto gli occhi di tutti i calabresi.
L’ordinanza che permette l’utilizzo delle discariche private ha scadenza sino al 31 maggio 2015 ma questo non basta ed il 20 gennaio 2015 viene presentata in consiglio regionale una legge che proroga l’emendamento Orsomarso sino al 30 settembre 2015.
Si arriva così al paradosso. Il consiglio regionale approva all’unanimità la proroga dell’emendamento Orsomarso, quello che permette l’utilizzo delle discariche private e di quelle che non hanno le autorizzazioni perfettamente a norma, con il voto di quegli stessi consiglieri di centro sinistra che solo un anno prima gridavano allo scandalo.
Allo scadere della prima ordinanza contingibile e urgente firmata da Oliverio ne segue un’altra nel maggio 2015 peggiorativa della precedente. Infatti la nuova ordinanza permette non solo agli impianti pubblici ma anche a quelli privati il trattamento dei rifiuti in modo non conforme alla legge.
Il CAP reagisce e diversi parlamentari presentano un’interrogazione al Ministro dell’Ambiente. Il numero di ordinanze è superiore a quanto previsto dalla legge. Il Ministro risponde in modo sibillino affermando di aver chiesto chiarimenti alla Regione Calabria ma di non aver avuto risposta. Qualche giorno dopo l’ing. Pallaria, responsabile del Dipartimento Ambiente della Regione Calabria, in un’audizione in commissione ambiente afferma che allo scadere dell’ultima ordinanza la Regione non potrà rinnovarla.
Si giunge all’estate del 2015 e l’odore nauseabondo prodotto dalla discarica invade i centri abitati di Rovito, Celico e parte di Spezzano Sila. Il CAP inoltra diverse segnalazioni all’ARPACAL finche tale ente non segnala alla Regione che la MiGa non ha ottemperato alla prescrizione che prevede la lavorazione dei rifiuti all’interno di un capannone dotato di biofiltro.
I lavori che dovrebbero essere stati conclusi entro 4 mesi dall’ottobre 2014 il 9 luglio sono ancora in alto mare. Il Dipartimento della Regione che avrebbe dovuto revocare l’autorizzazione concede l’ennesima proroga con scadenza 9 agosto. In un incontro in Prefettura la MiGa dichiara candidamente che i lavori del capannone non saranno ultimati prima della fine di settembre.
Il Comune di Celico ha pensato e autorizzato il polo industriale della MIGA di contrada San Nicola come discarica nella quale possono essere abbancati rifiuti solidi urbani anche non trattati perché così è stato pensato e così è stato autorizzato nel 1997.
L’impossibilità di sversare rifiuti non trattati è subentrata solo nel 2003 a seguito del recepimento nella legge nazionale di una direttiva europea. Sino ad allora la discarica era stata pensata per sversare TAL QUALE.
Né il Comune di Celico può sostenere di non aver valutato la possibilità che la discarica potesse essere utilizzata per sopperire alle emergenze rifiuti della Regione perché tale ipotesi è avanzata dalla stessa MIGA nella richiesta di rinnovo dell’autorizzazione presentata nel 2013.
Nel 2008 la MIGA è stata autorizzata a selezionare 156.000 tonnellate di rifiuti all’anno. La Presila intera ne produce meno di 9.000 e insieme a Cosenza e Rende meno di 55.000. Pertanto è dal 2008 che la MIGA è autorizzata a selezionare i rifiuti di quasi tutta la provincia di Cosenza mentre non ha limiti nella quantità di rifiuti da abbancare. In altre parole il Comune di Celico ha autorizzato la realizzazione nel proprio territorio di una discarica capace di interrare i rifiuti di tutta la regione.
E’ allora difficile comprendere le motivazioni per le quali con caparbietà le amministrazioni di Celico che si sono succedute tra il 1997 ed il 2013 hanno voluto a tutti i costi la realizzazione di una devastante discarica che negli anni ha dato lavoro a non più di 10 persone, in un luogo non idoneo che necessita di una consistente bonifica per i danni prodotti negli anni dalla vecchia discarica. Motivazioni senza dubbio politiche e di opportunità personali, che hanno condannato un territorio meraviglioso al degrado e all’inquinamento.
La discarica di Celico rappresenta il fallimento della classe politica presilana e la sua incapacità a immaginare un futuro di sviluppo basato sul rispetto dell’ambiente.