Chi si aspettava di assistere a una montatura mediatica o a una sfilata sui generis in stile gay pride, ha dovuto fortemente ricredersi. L’unione civile tra Antonio, classe 1981 e abito nero, e Gianluca, 33 anni in blu, è stata suggellata da una cerimonia che si è svolta alla stessa, medesima maniera, di quelle a cui eravamo abituati ad assistere fino a prima dell’entrata in vigore della legge Cirinnà.
Lo si è capito sin da subito, quando gli ospiti e i famigliari che li attendevano nel piazzale antistante a Palazzo Marino, hanno cominciato a tirare fuori i fazzoletti, con le donne che si rovinavano il trucco prima ancora di cominciare.
Proprio come nel più classico dei matrimoni, i due promessi sposi arrivano con mezz’ora di ritardo, insieme, elegantissimi e soprattutto emozionati. Le due testimoni che aprono la portiera dell’auto e si lasciano andare ad un abbraccio intriso di affetto e commozione. I presenti applaudono a quelle braccia che avvolgono forte i corpi di Antonio e Gianluca, sui loro volti i segni di una vittoria, di un barlume di dignità conquistato a morsi, della serenità di sentirsi amati e accettati senza doversi nascondere come i ladri solo perché si ama qualcuno dello stesso sesso.
La cerimonia ha inizio, ma non senza il prologo del sindaco Ugo Vetere, la cui proverbiale sfrontatezza viene tradita dalla voce bassa, quasi sussurrata, perché rotta dall’emozione. «Sono onorato che abbiate scelto la nostra comunità – ha detto il primo cittadino -. Che sia un momento di profonda riflessione per tutti sul significato della parola “amore”».
Il rito prosegue spedito, passando dalle canoniche risposte alle domande del copione, fino al momento in cui i due ragazzi si scambiano le vere. Antonio piange quasi per tutto il tempo, guarda senza sosta il compagno che ricambia lo sguardo con fare protettivo, quasi come a dire: «Hei, sono qui, non temere». La sala è gremita, tra i numerosi invitati fanno capolino anche un sacco di curiosi, ripresi tutti rigorosamente da giornalisti e fotografi accorsi per l’occasione.
I due si scambiano un bacio, quasi rubato, lo fanno con pudore, con rispetto, con quella dignità che finora era stata negata e bistrattata dalla società. Sono belli, bellissimi, nei loro occhi si vede un mare un mare di felicità, le loro mani si aggrovigliano mentre tutto il resto scorre e loro non se ne accorgono neppure.
L’avvocato Vetere prima di congedarli, ha qualcosa di molto importante da dire: «Da uomo di sinistra, sono fermamente convinto che ognuno debba vivere la propria vita come meglio crede. Con le unioni civili lo Stato non vi ha dato ancora la dignità che meritate, ma da qualche parte si deve cominciare e oggi siamo a buon punto».
La folla si scompone, i festeggiati vengono letteralmente assaliti da chiunque per le felicitazioni. Ci vuole un quarto d’ora prima che Antonio e Gianluca riescano a uscire dalla sala delle celebrazioni. Lì, sul tappeto bianco che ha accompagnato la loro discesa, scatta il rito ben augurante del lancio del riso.
I due se ne vanno, seguiti da una colonna di auto, ma lasciano dietro di sé un fortissimo odore di libertà.
Grazie Sindaco, grazie Antonio, grazie Gianluca, per aver scritto una bellissima pagina di storia calabrese.