Pubblicato su Alganews
La storia di Maurizio Coluccio è una storia di solitudine, di pregiudizi, prima ancora che di dolore. Scopre tre anni fa di essere affetto da una malattia rarissima. Poi scopre pure di non essere creduto. Nonostante la documentazione fitta e impressionante che ha reso pubblica, nella pagina facebook “Un aiuto per Maurizio”.
Andare in pensione è una gran bella soddisfazione, ma non se hai 40 e ami il tuo lavoro. Non se se le spese si sono triplicate e il budget mensile si è ridotto di un terzo. La malattia rara ed improvvisa (sindrome di Cogan nella forma atipica) un divorzio alle spalle, un bimbo da mantenere, una casa piccola e umida nella quale rintanarsi, il destino non è stato troppo clemente per questo ex poliziotto. Ma lui sembra farsi beffa della sorte, trova una nuova, meravigliosa compagna, dice che di cedere all’aggressività della malattia non ci pensa neppure, e quando mi spiega che ci sono giorni in cui deve decidere se comprare le medicine o mangiare, me lo dice con il sorriso stampato sulle labbra. Con quel sorriso che ha soltanto chi ha perdutamente voglia di vivere. Chiede aiuto, chiede di essere compreso, chiede l’attenzione delle istituzioni. Chiede di avere informazioni utili sulla sua malattia. È disposto ad arrivare ovunque. Mi dice che ha tante cose da fare, una donna da amare, un figlio da veder crescere, ha bisogno che qualcuno gli dia indietro le sue forze e i suoi giorni chiusi in una stanza a contorcersi dal dolore. Tutto quello che chiede è una vita normale.
Lo conosco bene Maurizio, lo conosco sin dagli esordi della sua malattia, da quando avevo provato nel mio piccolo a sensibilizzare le persone accanto a noi cercando di convincerle che quell’uomo aveva veramente bisogno di aiuto. L’esito non fu proprio quello sperato. Tutt’altro. Ma io chiesi a Maurizio di promettermi di non mollare mai. Lui mi chiese di promettergli di non lasciarlo solo. Entrambi abbiamo mantenuto la promessa.